Un battito d’ali tutt’intorno al cuore

Autore : Giovanna Fracassi
Anno di produzione : 2025
Casa Editrice : Rupe mutevole
Genere letterario : Poesia - Silloge poetica
Formato : Cartaceo

Altre Notizie : Comunicato stampa, intervista e recensione


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Prefazione di Lucia Olime

La silloge Un battito d’ali tutt’intorno al cuore si presenta come un articolato e intenso percorso poetico che attraversa l’anima, ne scandaglia gli abissi e ne accarezza le vette, restituendo una visione del mondo intrisa di lirismo, malinconia, amore e consapevolezza esistenziale. In essa la parola poetica si fa corpo vivo, respiro sottile che accompagna l’interiorità e la trasfigura in immagini, suoni, e vibrazioni emotive di rara profondità.
Un battito d’ali tutt’intorno al cuore non è solo il titolo di questa raccolta: è anche la metafora perfetta della scrittura di Giovanna Fracassi. La sua poesia si posa sul lettore come un battito d’ali: lieve ma capace di muovere l’aria più profonda. In ogni componimento si avverte un'intimità trattenuta e insieme universale, un tempo sospeso che accoglie e accompagna le emozioni più autentiche.
Il fulcro dell’intera raccolta è costituito dalla tematica amorosa. L’amore è narrato nella sua duplicità: come passione che incendia e come mancanza che consuma, come estasi e come perdita. In "Amarti", l’autrice scrive:
“Ho smarrito / la mia identità / in un istante dilatato / senza aria, / senza spazio: / io dentro te / tu dentro me”.
L’unione amorosa diventa qui fusione totalizzante, quasi mistica, che però ha come controcanto la consapevolezza del dolore dell’assenza. L’evocazione dell’altro, spesso celato o sfuggente, si ripete in molti testi, rendendo l’amore una dimensione al contempo carnale e spirituale, vissuta nella concretezza del ricordo o nel languore del desiderio.
Allo stesso modo, il tempo in questo testo poetico è una presenza pervasiva: flusso implacabile, rete che avvolge, nodo che stringe. Ne "La trama del tempo" si legge:
“La malinconia / scuce e ricuce / la trama del tempo / quando forse / non v’è più attesa”.
Il tempo è ricamato dall’emozione, e al tempo stesso lo sfilacciarsi del vissuto diventa immagine del disorientamento esistenziale. L’esperienza temporale si lega strettamente alla memoria, come testimoniano i componimenti "Bolle di ricordi", "Il foglietto" e "Specchio", in cui il passato ritorna nella forma di visioni, frammenti e riverberi, sovente accompagnati da una struggente malinconia.
Altro elemento centrale che possiamo evidenziare è la natura, che appare non come semplice scenario ma come parte integrante dell’esperienza interiore. Gli elementi naturali diventano metafore potenti: il vento, l’onda, la neve, il sole, l’alba sono spesso portatori di emozioni, simboli di trasformazioni intime o di stati d’animo. In "Dita protese", ad esempio leggiamo
“Le dita protese / sono ali di cera / nel lento dipanarsi della vita / fra vertigini di vuoto”.
Questa fusione tra paesaggio e sentimento riconduce a una visione fortemente simbolica, dove l’elemento esterno viene interiorizzato e trasmutato. Infatti nel cuore della poetica della poetessa c’è un principio fondante: la parola è respiro dell’anima. Ogni suo verso non nasce mai per semplice esercizio estetico, ma scaturisce da un’urgenza interiore, da un bisogno autentico di nominare l’invisibile. Le sue poesie sono finestre aperte sull’emotività umana, varchi attraverso i quali il lettore è invitato a contemplare paesaggi interiori in cui rispecchiarsi.
La poetica della Fracassi si nutre di un rapporto costante tra l’io e il mondo, tra il corpo e il cosmo, tra ciò che si può toccare e ciò che solo si può sentire. Nella sua scrittura, la parola è sempre al servizio dell’emozione: evocativa, sonora, sobria e potente insieme. In un tempo in cui la poesia spesso rincorre sperimentazioni lontane dalla verità del cuore, l’autrice sceglie la via della profondità e della fedeltà emotiva.
"Ci sono anime / che si accarezzano con ali di sogno, / restano in ascolto / delle parole del mare..."
(da "Ci sono anime")
Nei versi di questa raccolta, il lettore può cogliere richiami alla grande tradizione poetica del Novecento. È evidente l’eco della semplicità intensa di Giuseppe Ungaretti, dove ogni parola è scelta con cura per scavare nel silenzio e nella materia emotiva. Come in Ungaretti, anche qui il frammento diventa totale, il breve verso abbraccia un universo. La poetessa scava nella parola fino a trovarne la radice viva, il senso profondo che risuona come preghiera laica. Ma è soprattutto nella tensione interiore e spirituale che Giovanna Fracassi dialoga idealmente con Alda Merini: come la poetessa dei Navigli, anche lei esplora i territori dell’amore, della ferita, della passione, della follia poetica come forma alta di comprensione dell’essere. La parola è carne, è tremore, è visione. Non c’è distacco nella sua poesia ma immersione. Non c’è paura del dolore ma desiderio di attraversarlo per comprenderlo.
In certi componimenti più rarefatti, è possibile inoltre scorgere il respiro di Emily Dickinson, soprattutto nella capacità di tradurre in immagine ciò che è invisibile, intimo, nascosto. Dickinson è spesso presente nella stessa esigenza di silenzio e concentrazione, nella tensione verso un Assoluto che non si svela mai completamente. E non manca, infine, una linea più filosofica e simbolica che richiama l’anima di Rainer Maria Rilke, quando la poesia diventa soglia tra la vita e l’assoluto. In Fracassi, come in Rilke, il verso cerca non di spiegare, ma di abitare il mistero.
"Oscillo lenta / viro leggermente, / plano infine / in una vita / così tenue..."
(da "L'aereo rosso")
L’amore, la perdita, la memoria, il tempo, la natura, l’identità femminile, il mistero dell’altro: tutto è tessuto con grazia e profondità. Lo stile è nitido, musicale, punteggiato d’immagini che si imprimono nella mente e lasciano una traccia nel cuore. La poetessa rifugge da ogni compiacimento estetico: la bellezza dei suoi versi è sempre radicata nella verità del sentimento. La sua scrittura diventa così esercizio di ascolto e di comprensione, un atto poetico che si fa anche etico, perché coinvolge non solo l’estetica ma la coscienza.
Il suo linguaggio poetico è teso e sorvegliato ma insieme vibrante e sensuale. L’autrice privilegia la musicalità dei versi, che spesso si strutturano su enjambement fluidi e lievi anafore. L'uso della metafora è costante e sofisticato, come in "Frammenti friabili":
“Brividi d’emozioni / frammenti friabili / i tuoi passi, / sibili di strazio / accartocciati / sulle foglie cadute”.
Lo stile mostra un’attenzione al dettaglio fonico e ritmico, ma anche una predilezione per l’accumulo evocativo, che genera atmosfere sospese e visionarie. Le immagini, pur nella loro intensità, non risultano mai criptiche: si aprono al lettore, creano uno spazio emotivo condiviso. L’uso della seconda persona, frequente, suggerisce un dialogo intimo e costante con un “tu” spesso amoroso, ma talvolta anche specchio dell’io poetico stesso.
Pur nella sua originalità, la poesia dell’autrice si colloca in una tradizione di lirismo interiore e visionario. Pertanto si possono riconoscere affinità con la poetica di Antonia Pozzi, nella tensione tra la contemplazione della natura e il dolore dell’esistenza; con Alda Merini, per l’intensità emotiva e la capacità di dare corpo al desiderio e alla fragilità; con Emily Dickinson, per l’uso essenziale ma folgorante della parola e per la percezione acutissima del tempo e della morte.
L’eco simbolista attraversa l’intera silloge, ma senza mai sfociare nell’ermetismo: l’autrice sembra piuttosto voler costruire un linguaggio limpido e metaforico, capace di rendere visibile l’invisibile e di toccare corde profonde ma universali. In tal senso, si può cogliere una vicinanza anche alla poetica di Mariangela Gualtieri, soprattutto nella volontà di ascolto, nella pietas nei confronti dell’esperienza umana, e nella celebrazione della parola come gesto sacro.
Ulteriori punti di contatto possono essere individuati con il già citato Rainer Maria Rilke, nella concezione della poesia come dialogo intimo con il mistero dell’esistenza, e con Paul Celan, nella tensione a dire l’indicibile attraverso una lingua scolpita, densa di significato e di assenza. Non mancano echi anche della poesia di Cristina Campo, in particolare nella sua ricerca dell’essenziale e nella musicalità quasi liturgica del verso.
Dal punto di vista filosofico, la silloge manifesta una chiara affinità con il pensiero esistenzialista. Le domande sul senso dell’essere, sulla finitudine, sull’identità, sul tempo e sull’altro, richiamano l’interrogazione radicale che attraversa autori come Kierkegaard, Heidegger e Sartre. L’“esserci” poetico si configura come presenza fragile, esposta, ma anche consapevole e interrogante.
Al contempo, si rintraccia un’eco della fenomenologia husserliana nel modo in cui le esperienze vengono descritte nella loro immediatezza sensibile e nell’attenzione alla percezione: la poesia diventa allora atto intenzionale, apertura al mondo e ai suoi significati nascosti. La malinconia che attraversa i testi non è mai chiusura sterile, ma impulso conoscitivo, come suggerisce anche la filosofia di María Zambrano, in cui la poesia è considerata forma privilegiata di pensiero.
Dal punto di vista filosofico, la silloge instaura un dialogo profondo, seppur implicito, con la riflessione leopardiana. Come in Leopardi, anche qui la consapevolezza del limite, dell’infelicità e dell’incolmabile distanza tra desiderio e realtà non conduce al nichilismo, bensì a una forma di resistenza estetica. La poesia diventa così risposta alla condizione tragica dell’esistere, atto di bellezza che pur nella precarietà offre consolazione – non illusoria ma umanissima. Si pensi a componimenti come "Soffice silenzio" o "Niente", dove la malinconia non è mero abbandono ma sguardo che coglie il sublime nell’effimero.
Come lo Zibaldone, anche questa silloge si pone come esercizio continuo di pensiero poetante, in cui la riflessione sul tempo, sulla memoria e sull’identità si fondono in una scrittura che non pretende risposte, ma custodisce domande. L’infinito leopardiano – non solo come celebre idillio, ma come categoria spirituale – risuona nelle immagini dell’infinito interiore dell’autrice, in cui il senso dell’oltre si declina come tensione lirica, come nostalgia di ciò che è perduto e insieme eternamente presente. Infine, la «noia» leopardiana, intesa come presa di coscienza del vuoto, si rifrange nella silloge come sentimento della mancanza, che tuttavia apre alla creazione. Dove la natura è muta o indifferente, l’essere umano ha ancora il potere della parola, della memoria e della relazione simbolica: e la poesia diventa così luogo di resistenza affettiva, estetica, etica.
L’intera raccolta può essere letta alla luce di una sensibilità post-nietzschiana: il dolore non viene negato, ma trasfigurato; l’assenza non è solo vuoto, ma spazio in cui può emergere la verità dell’essere. La parola poetica, in questo senso, diventa atto di resistenza, di significazione, e di fede nella possibilità del linguaggio.

 

 

Un battito d’ali tutt’intorno al cuore è una raccolta che custodisce molte vite in una sola voce. Una voce che non si alza mai per gridare, ma che sa sussurrare con forza, toccare con delicatezza, aprire squarci di luce nell’opacità del quotidiano. La poesia dell’autrice infatti è memoria, sogno, attesa, desiderio. È il tentativo, riuscito, di trattenere l’effimero, di dare forma all’invisibile, di far brillare la materia dell’anima. In un tempo spesso troppo veloce, rumoroso e disattento, queste pagine sono un invito alla lentezza, all’ascolto, alla presenza. Un invito soprattutto, a tornare al cuore.
Leggere Un battito d’ali tutt’intorno al cuore significa così entrare in un universo lirico coeso ma non chiuso, dove ogni poesia è parte di un discorso più ampio sull’esistenza. Giovanna Fracassi compone una sorta di sinfonia dell’anima, in cui ogni componimento è come uno strumento che suona una nota diversa di un’emozione comune. L’alternanza di toni, la musicalità variabile, la scelta accurata del ritmo dei versi rendono la raccolta un organismo vivo, capace di mutare a ogni lettura.
Il tempo è qui dilatato, fluttuante, mai lineare: passato e presente si rincorrono, e l’attimo si fa eterno. L’autrice affida alla poesia la funzione più autentica: quella di salvare ciò che altrimenti andrebbe perduto, di custodire con parole fragili una verità che è invece ferma e duratura.
L’io lirico della Fracassi è un io che sa farsi archetipo: la sua esperienza personale, i suoi ricordi, le sue perdite diventano esperienza comune, vissuto universale. In questo, la poetessa mostra una straordinaria capacità di empatia: le sue parole sembrano parlare per ciascuno di noi. Questo senso di condivisione profonda rende il testo aperto e accogliente.
Molte liriche si dispiegano come un monologo interiore o un dialogo mancato, tra l’io e un tu spesso sfuggente. La parola diventa respiro e corpo, il silenzio si fa sostanza poetica. È una poesia che accoglie l’inquietudine ma non rinuncia mai alla speranza, una poesia fatta per essere letta ad alta voce e anche per essere taciuta, trattenuta, vissuta dentro.
"Colorami / con cura: / le ciglia con il cielo fulgente, / le mani con la pietà delle stelle..."
(da "Colorami")
La parola “cura” torna spesso nei versi della Fracassi. Cura della memoria, cura dell’amore, cura delle ferite. In quest’ottica, la poesia non è solo testimonianza ma anche guarigione. Ogni poesia è un luogo terapeutico, un piccolo altare dove si celebrano i riti dell’ascolto e dell’accoglienza. In tempi di frammentazione, Giovanna Fracassi ricompone: con dolcezza, con ostinazione, con sapienza.
Un battito d'ali tutt'intorno al cuore è quindi una raccolta di poesie che attraversa la vita e i suoi mutamenti con lo sguardo attento e l'anima vigile di chi sa ascoltare i sussurri dell'invisibile. Giovanna Fracassi, con una voce ormai matura e riconoscibile, ci invita in un cammino fatto di parole leggere e profonde, d’immagini intime e universali, di ferite che diventano gemme luminose.
In questo libro, ogni poesia è una stanza in cui entrare in punta di piedi, un luogo in cui la malinconia si fa musica, dove anche il dolore può brillare come cristallo. I temi sono quelli eterni della poesia: l’amore, la morte, il tempo, la rinascita. Ma è nel tono, nel ritmo, nella scelta delle immagini che la Fracassi sa renderli nuovamente vivi, urgenti, necessari. Il lettore avverte subito che questa è una scrittura sincera, capace di trasformare l’esperienza in rivelazione.
Un libro per chi ama la poesia che sa raccontare l’anima senza retorica, per chi cerca nella parola scritta uno specchio e un rifugio. Una raccolta da leggere lentamente, lasciando che ogni verso depositi la sua verità. Perché la poesia, come scrive Fracassi, "non è solo forma, ma sostanza" e, in queste pagine, è anche respiro, battito, luce che resta accesa nella notte.
In un panorama contemporaneo spesso dominato dalla fretta e dalla superficialità, la voce poetica di Giovanna Fracassi ci riporta alla centralità del sentire, del riflettere, del contemplare. Questo libro è un dono prezioso: un invito a ritrovare se stessi, una carezza che arriva dritta al cuore. Chi legge queste poesie non può che sentirsi parte di una comunità invisibile eppure reale: quella dei cuori che ancora sanno ascoltare.
Quando si arriva al termine di questo viaggio poetico, ciò che resta è un’eco. Non una semplice traccia, ma una risonanza persistente che accompagna il lettore anche oltre l’ultima pagina. Un battito d’ali tutt’intorno al cuore si rivela infatti un’opera che non si limita a “comunicare” emozioni, ma le genera, le fa affiorare e talvolta le costringe ad affiorare: come specchi in cui riconoscere frammenti della propria umanità.
Questa silloge è per sua natura «aperta», nel senso più calviniano del termine: si sottrae a chiusure definitive e si affida alla sensibilità del lettore per completarsi ogni volta in modo diverso. L’intertesto emotivo e filosofico che l’autrice tesse è stratificato e consapevole: ogni poesia, pur nella sua autonomia espressiva, concorre alla costruzione di una narrazione più ampia, una sorta di diario dell’anima che si scrive in versi.
Significativo è in quest’ottica il rapporto con l’assenza e con il lutto, intesi non solo come perdita, ma come spazio della possibilità. Come già notava Derrida, è nell’intervallo della mancanza che il senso si genera e si rinnova. L’autrice sembra consapevole di questo principio, e per questo i suoi testi non cercano una consolazione, ma una verità che possa essere abitata anche nel dolore. «L’assenza», sembra suggerire, «è un’altra forma dell’essere».Ecco allora altro tratto peculiare l’ l’affidarsi della parola poetica alla materia: il corpo, la natura, gli elementi non in forma descrittiva o ornamentale: al contrario, la materia è ciò che permette al senso di radicarsi. Il respiro, la pioggia, le foglie, il vento, diventano architetture di senso e veicoli del sentire. La parola, allora, non è mai astratta: è incarnata, fisica, esistenziale.
Non si può leggere questa raccolta senza coglierne il ritmo, il respiro interno. C’è una musicalità costante, una danza tra tensione e abbandono, fra attesa e rivelazione. Le poesie seguono un’architettura sotterranea, come le fughe in Bach: ritorni tematici, variazioni emotive, modulazioni ritmiche. Il lettore attento non troverà ridondanza ma eco, risonanza, contrappunto.Essa testimonia la potenza ancora viva della poesia. In un mondo dove il linguaggio tende a farsi strumento o rumore, la parola poetica qui torna a essere ciò che è sempre stata nei momenti più alti della civiltà umana: una forma di conoscenza. Una conoscenza che nasce non dalla razionalità, ma dalla vibrazione, dall’empatia, dalla capacità di nominare l’invisibile.
Chi chiude queste pagine porta con sé un’esperienza: quella di un incontro profondo, sincero, e perciò raro. Un incontro con una voce autentica ma anche – e soprattutto – con se stesso.
In questa silloge è interessante rintracciare e analizzare il rapporto con la poesia femminile del Novecento – da Sylvia Plath ad Anne Sexton, da Amelia Rosselli ad Antonia Pozzi – nella misura in cui l’esplorazione dell’identità e del corpo si coniuga con una scrittura che è al tempo stesso confessione e costruzione, vulnerabilità e forza.Tale produzione poetica femminile, emersa con crescente autorevolezza nel corso del secolo scorso, ha ridefinito profondamente il ruolo della parola, ponendo al centro l’esperienza incarnata e la soggettività come strumento di resistenza. L’autrice di questa silloge sembra raccogliere e reinterpretare questo lascito, dando voce a un io poetico che non teme di mostrarsi fragile, ma che proprio in questa esposizione trova forza e autenticità. Come nei versi di Audre Lorde o Adrienne Rich, anche qui la scrittura poetica diventa un atto di consapevolezza, un luogo, dove il personale si fa politico e l’intimità diviene spazio di riflessione sul mondo. Il corpo femminile non è mai solo corpo biologico: è corpo simbolico, luogo di storia, di dolore, di rinascita. L’autrice esplora questi territori con grazia e lucidità, accogliendo nella propria voce l’eco di molte altre, e tracciando un sentiero che appartiene tanto alla sua singolarità quanto a un’ampia genealogia.
Vi è poi una tensione etica nella sua scrittura, un’urgenza di dire, che avvicina quest’opera a quelle di autrici come Chandra Livia Candiani o Mariangela Gualtieri, in cui il verso si configura come preghiera laica, come gesto di cura verso sé e verso l’altro. La lingua poetica diventa così luogo di ascolto, terreno sacro, dove l’invisibile prende forma e l’umano si ritrova intero.
Un ulteriore livello di lettura si apre se si considera il legame profondo tra poesia e spiritualità nella scrittura femminile, un aspetto che attraversa anche la silloge Un battito d’ali tutt’intorno al cuore. La spiritualità, intesa non tanto come adesione a un sistema religioso codificato, ma come tensione interiore verso l’assoluto, il mistero e il senso del vivere, è un tratto costitutivo della poesia scritta da donne che hanno interrogato il mondo a partire da sé, dal proprio corpo, dal dolore e dalla meraviglia. L’autrice sembra far propria questa tradizione, intrecciando le sue parole con un senso del sacro che non ha bisogno di dogmi: la sacralità emerge dall’ascolto, dalla contemplazione, dall’attenzione minuta ai gesti e agli affetti. In ciò risuona l’insegnamento di Emily Dickinson, la cui clausura era in realtà apertura sconfinata all’invisibile, e l’intuizione di Rainer Maria Rilke, secondo cui «la vera patria dell’anima è l’invisibile».
Questa spiritualità della parola trova espressione nella delicatezza con cui l’autrice maneggia le immagini, nell’umiltà del verso che non impone, ma offre; nella sua capacità di abitare la soglia tra visibile e invisibile, tra corpo e anima, tra ricordo e visione. Come nei versi di Hildegard von Bingen, mistica e poetessa medievale, la parola qui è nutrimento e visione, canto e ascolto.
Nel contesto contemporaneo, questa dimensione si avvicina a quella esplorata da autrici come Denise Levertov, la cui poesia spirituale è sempre incarnata nella materia del quotidiano, o come Rupi Kaur, che nella sua semplicità disarmante riesce a toccare corde intime e archetipiche. Anche le esperienze poetiche delle già citate autrici italiane come Cristina Campo o Alda Merini – diverse per stile, ma affini per profondità – suggeriscono che la poesia può essere spazio di rivelazione e silenziosa teologia.
La presente silloge s’inserisce in questa genealogia spirituale al femminile: le parole non sono solo segni sulla pagina ma veicoli di presenza. Ogni poesia sembra una preghiera implicita, un’offerta, un tentativo di connettersi con ciò che eccede l’umano pur passando per l’umano. Il silenzio, che spesso segue i versi più intensi, non è vuoto ma pieno: è il tempo della risonanza, del raccoglimento, dell’ascolto. In un’epoca in cui la spiritualità è spesso relegata ai margini, questa poesia restituisce alla parola la sua funzione originaria: quella di fare ponte, di unire, di evocare. Il battito d’ali evocato dal titolo è anche questo: gesto fragile ma potente, che unisce cielo e terra, spirito e carne, vita e mistero.
In tal modo, Un battito d’ali tutt’intorno al cuore non è solo una raccolta di versi, ma un cammino, un pellegrinaggio poetico verso un altrove che è sempre anche un ritorno: ritorno a sé, al cuore, all’umano che ci abita nella sua forma più vera e più vulnerabile.
A ciò si aggiunge un’ulteriore riflessione: la poesia femminile spirituale non si limita a cercare Dio o il divino, ma cerca il senso stesso dell’abitare il mondo. È una forma di spiritualità che si manifesta nella prossimità, nell’etica della cura, nella capacità di percepire l’invisibile nel quotidiano. In questo contesto, le immagini evocate nella silloge – piume, battiti, soglie, respiri – sono tutte emblematiche di una scrittura che non si impone, ma accompagna.
Molte poetesse del Novecento e del XXI secolo hanno testimoniato questa forma di spiritualità incarnata. Pensiamo, ad esempio, a Jean Valentine, con la sua capacità di far emergere il silenzio come spazio sacro e luogo dell’Altro o a Wisława Szymborska, che con ironia e stupore ha mostrato come anche la scienza e l’ordinario possano aprire varchi verso il mistero dell’esistere. La spiritualità che attraversa Un battito d’ali tutt’intorno al cuore non è mai solenne o distaccata: è una spiritualità domestica, nel senso più nobile del termine, che fa del corpo, della memoria e della parola i suoi templi. Il linguaggio diventa, allora, esperienza di trascendenza immanente: non ci si solleva dal mondo, ma lo si abita con occhi nuovi, in ascolto. Così come avviene nelle poesie di Mary Oliver, dove la natura è sempre occasione di rivelazione, anche qui ogni immagine è occasione di comunione con ciò che ci supera. La parola poetica non è solo mezzo, ma fine: è l’evento stesso della rivelazione. Inoltre, la ripetizione, l’uso di ritmi lenti, la musicalità insistita della silloge, richiamano antiche forme rituali della parola, come i canti liturgici o gli inni. Anche questo è parte di una tradizione femminile che ha sempre fatto del canto, del ritmo e della ripetizione un modo per restare in contatto con la profondità. La poesia, in questa raccolta, si fa appello e invocazione, anche laddove tace, anche laddove il silenzio pesa più delle parole.
Tutto questo rende la silloge un atto poetico e spirituale insieme: un invito a rallentare, a sentire, a sostare nei luoghi dell’invisibile. E ci ricorda che la poesia, come scriveva Marina Cvetaeva, «è un’anima che parla con un’anima al di là del tempo». In Un battito d’ali tutt’intorno al cuore, quell’anima è presente, viva, vicina, e ci parla con la voce paziente e luminosa della cura.

Sinossi Un battito d’ali tutt’intorno al cuore


Un battito d’ali tutt’intorno al cuore è un itinerario poetico che attraversa amore, memoria, tempo e natura, trasformandoli in immagini limpide e cariche di simbolo. La voce lirica di Giovanna Fracassi si muove fra slanci di passione e nostalgie delicate, fra pienezza e mancanza, oscillando costantemente tra la concretezza sensoriale e la rarefazione spirituale.
Le liriche sono tessere di un mosaico emotivo dove ogni componimento racconta un frammento di vita: l’attimo condiviso, il ricordo che torna a pulsare, la ferita che diventa conoscenza. La natura è presenza viva: vento, mare, neve, alba, fiori e diventa specchio di stati interiori, mentre il tempo, percepito come flusso inesorabile, è anche materia poetica da ricucire e custodire.
L’amore si manifesta in tutte le sue forme: desiderio e fusione, assenza e lontananza, dialogo e silenzio. È un amore che si radica nell’esperienza ma tende sempre a un altrove spirituale, in cui il “tu” diventa archetipo universale. In questo universo lirico, la poesia è insieme testimonianza e cura, resistenza al nulla e custodia di ciò che conta. Il tono è intimo e insieme universale, radicato nella tradizione poetica novecentesca ma aperto a echi contemporanei.

 

Commento silloge Un battito d’ali tutt’intorno al cuore

La silloge di Giovanna Fracassi s’impone per una coerenza stilistica e tematica che unisce eleganza formale e profondità emotiva. La scrittura predilige versi brevi, enjambement fluidi e un uso costante della metafora, con un linguaggio sorvegliato ma vibrante. La musicalità interna, ottenuta anche grazie ad anafore e ripetizioni, richiama strutture quasi liturgiche.
Dal punto di vista tematico, l’opera si colloca nel solco di una poesia esistenziale e simbolica, vicina per sensibilità ad Antonia Pozzi, Alda Merini, Emily Dickinson e Cristina Campo. Come queste autrici, Fracassi trasforma l’esperienza personale in parola universale, con un’attenzione costante alla cura dell’amore, della memoria, della ferita. L’io poetico è fortemente empatico e si apre a una comunità di lettori che si riconoscono nei suoi paesaggi interiori.La silloge rivela inoltre un dialogo profondo con la filosofia: la malinconia leopardiana, l’idea heideggeriana dell’“esserci” fragile ma interrogante, la spiritualità laica di Rilke. Ne emerge una poesia che non cerca risposte definitive, ma abita le domande, restituendo al lettore un senso di pienezza pur nella consapevolezza del limite.
Dal punto di vista simbolico, la natura non è sfondo ma parte viva del discorso: il vento, il mare, le stagioni, gli elementi naturali incarnano sentimenti e stati d’animo. Il titolo stesso, Un battito d’ali tutt’intorno al cuore, esprime bene questa fusione fra leggerezza e intensità, fra fragilità e potenza. La forza dell’opera sta nella capacità di unire visione e concretezza, offrendo un’esperienza di lettura lenta, meditativa, capace di lasciare un’eco duratura. È un libro che chiede di essere letto e riletto, perché ogni verso può schiudere significati nuovi, e ogni immagine ha la densità di un’emozione che non si esaurisce.
Luigina Algerati