Il fiuto del segugio
Il cognome uno se lo ritrova appiccicato da generazioni, il nome no. Però la responsabilità sa a chi darla.
Se il tuo cognome è Rossi puoi solo prenderne atto, ma se con un cognome simile ti appioppano il nome Mario allora dovresti allarmarti. Certo, all’inizio non puoi farlo, sei appena nato e non capisci niente; di sicuro, però, il tuo destino sarà scandito dalle parole oggetto e inutilità.
Quando quella mattina si era svegliato, mai e poi mai avrebbe immaginato gli eventi che in quella giornata si sarebbero succeduti; per lui, Mario Rossi, era una giornata come le altre. Il giorno successivo invece sarebbe stato fondamentale, quello sì avrebbe portato delle conseguenze. Nessun segno premonitore, nessun indizio, niente di niente. Forse avrebbe dovuto scavare tra le viscere della sua psiche e interrogarla come facevano gli antichi Greci con l’oracolo prima di una battaglia. Invece si era disinteressato di lei, della psiche; l’aveva sempre trattata come una Pizia, una sorta di puttana d’alto bordo, pronta a raccontargli le frottole più incredibili solo per indurlo in dubbie tentazioni.
Bisogni… I bisogni interiori…
I bisogni interiori sono proprio come le cattive compagnie, ti portano alla perdizione. Così era sempre stato e avrebbe continuato a esserlo se solo quella orribile giornata invernale fosse stata come tutte le altre: una bambola tra le cento della stessa marca, sugli scaffali di un centro commerciale, a ridosso delle vacanze di Natale. Invece no, quella era un’isterica vigliacca e lui si era fatto cogliere impreparato. Del resto, cosa avrebbe dovuto aspettarsi? La lezione l’aveva imparata bene: via i moti dell’animo e largo alla logica.
Affacciarsi subito alla finestra e respirare profondamente, freschi o sconvolti dalla nottata trascorsa, con il pigiama addosso, spettinati, le occhiaie e i segni del cuscino sulle guance. E annusare l’aria, una… due... tre volte… e avvertirne o meno la pericolosità.
Invece non l’aveva fatto e, ignaro di tutto, si era comportato come sempre.
L’ignorare quello che si ignora è una tautologia, non certo un valido motivo di giustificazione. Se un animale qualunque non fiuta l’aria e non avverte il pericolo, è morto. Proprio come un manovale che si arrampica su una impalcatura traballante senza imbracatura o senza l’elmetto protettivo. Tanto lo faccio tutti i giorni e sono abituato. Va bene, d’accordo che sei abituato e che lo fai tutti i giorni, però basta una volta e sei fregato.
Curare o cronicizzare? È il conflitto che vive, durante un viaggio avventuroso tra le nevi delle Alpi, un medico ricercatore alla vigilia di un importante congresso nel quale dovrà presentare, all’insaputa dei finanziatori, un principio attivo per curare le leucemie. Un romanzo che induce interrogativi inquietanti e, come una “valanga”, scuote le coscienze dei lettori.