L’erosione del tempo
Livorno, maggio 2018
Pochi erano i luoghi nella città dove non andava mai. Quello dove sorgevano le vecchie terme del Corallo, ormai in disuso da decenni, era uno di quelli.
Non che ci fosse una ragione precisa per non tornarci, o forse sì e anche più di una. Semplicemente non gli capitava. Ci finì un giorno perché, per sbaglio, una raccomandata gli era stata recapitata in un ufficio postale vicino. La fila che trovò entrando era lunghissima. Misteri delle Poste. Oppure disguidi. Sconsolato, ritirò il biglietto dall’elimina code e confrontò il numero con quello acceso sul display. Aveva davanti a sé 27 persone. Troppe per attendere dentro, troppo poche per tornare a casa o per gironzolare al centro commerciale. Non gli andava nemmeno di sedersi sulle panchine nei pressi della stazione, piene di gente poco raccomandabile, o bere un altro caffè, il terzo della mattinata, al bar della stazione sbirciando la cronaca sul quotidiano locale. Decise che avrebbe fatto due passi. Si avviò a piedi. Il cavalcavia di cemento, il traffico, lo sporco in terra e alcuni veicoli parcheggiati chissà da quanto, gli comunicarono che poco era cambiato, anche se la parte relativa al centro termale, una volta bellissima, dopo anni di abbandono totale e una mezza sommossa della popolazione, pale, picconi e rastrelli alla mano, era stata ripulita alla meglio.
Quella storia iniziata tanti anni prima tra le mura della sua casa e conclusa nel fabbricato delle Terme l’aveva coinvolto, gli aveva tolto il sonno e scombussolato la vita per qualche tempo. Morte e Amore, Thanatos ed Eros, in quella vicenda si erano stretti in un intreccio intimo. Amore nei protagonisti, amore nei secondi attori, amore negli spettatori. E pulsioni. E morte. Un film eterno come l’essere umano.
Camminando a passi lenti, rifletteva. Si sorprese nel constatare come, continuando a vivere nella stessa casa di allora, quei fatti, giorno dopo giorno, fossero evaporati dal luogo, mentre adesso, pur in una mattina calda di primavera, avvicinandosi all’altro fabbricato teatro della storia, avvertiva la stessa atmosfera di freddo e orrore di allora. Quanti anni erano trascorsi? Dieci, dodici, quindici?
Ma fu davanti al grosso cancello scrostato e toccando una delle sbarre ruvide di ruggine che il ricordo di allora riemerse nitido e i tanti anni trascorsi diventarono secondi e poi, in un quantum di tempo infinitesimale, si tramutarono in pura attualità…
È il secondo romanzo (quasi un giallo) scritto nel 2007.
Ritrovare una vecchia borsetta con 24 foto di famiglia di un’anziana inquilina deceduta a quasi cento anni. Ricostruire la storia della donna dalle poche fotografie. Questo si prefigge il protagonista, il Prof. Giovanni Adami. Non sa però, il professore, che andrà a scontrarsi con una terribile realtà.
Ha ottenuto diversi riconoscimenti:
Primo Classificato al Premio “Circe. Una donna tante culture” di Monterotondo (RM)
Secondo classificato al Concorso “Penna Calamaio” Savona
Terzo Classificato nei concorsi “La città dei Sassi” Matera e “Autori del terzo millennio” Modica (RG)
Finalista nei seguenti concorsi: Premio Internazionale “G.Cingari” (RC), premio letterario “Nemo” (MI), Premio “Tespi” e Premio Letterario “Favole, cammini e percorsi” (LE).
È stato pubblicato nell’agosto 2009 da Armando Siciliano Editore di Messina e nel 2021 in nuova edizione da A.L.A. Libri di Livorno