Prefazione
Collezionare emozioni come due voci pari, che seguono strade parallele e si arricchiscono di incontri lungo il cammino: questo il primo pensiero leggendo le pagine Nella Clessidra del Cuore.
Sappiamo cogliere gli attimi nella giornata che ci regalano dettagli danzanti?
L’autrice è riuscita a rappresentare questo segreto, svelando ogni mistero nei suoi racconti e nelle sue poesie: ha saputo cogliere l’essenza di ogni intuizione nella vita dei suoi personaggi, nei versi cadenzati delle sue liriche.
Questo libro è un viaggio che ben vale la decisione della partenza.
Fin dall’inizio si intuisce un’alchimia consapevole mescolata all’attenzione per ogni storia narrata con maestria, per lasciare traccia nei sentimenti.
E questo cammino è scandito dai granelli magici nella clessidra, che protegge luci e ombre del nostro tempo.
Pensieri, frasi, simboli e memorie, in equilibrio sugli strati della vita, lasciano la loro essenza mentre il tempo muove le nostre intuizioni.
La Bellezza poi farà il resto.
Estratto da: Nella clessidra del cuore Ed.Rupe Mutevole
“Tutto era stato ormai predisposto. Il salone era tristemente vuoto, come del resto ogni altra stanza, non più la luce dorata filtrava tra le fessure delle imposte. Non più i cari vecchi mobili addossati ai muri, i tappeti morbidi e ariosi stesi sul marmo. Dove erano appesi i quadri pesanti con la loro cornice dorata, ora restavano ombre e chiazze qua e là più scure, qualche piuma di ricordi restava impigliata fra gli addii pronunciati a fior di labbra, come una mesta nenia, una cantilena triste del cuore che a fatica doveva congedarsi dalle care voci, dai giochi di un tempo felice e spensierato, ma anche dai volti per sempre impressi su quell’aria gravida di nostalgia. E mi rivedo bambina, seduta accanto a mia madre, proprio lì, sul sedile del pianoforte, a muovere le piccole dita incerte, o ancora, in cucina, a spiare la crescita, nel forno, del dolce preferito, ad ascoltare il ritmico timbrare di mio padre sui fogli del ricettario medico, su quella scrivania del nonno, sotto la quale, in un piccolo spazio, amavo andare a nascondermi.”
Estratto n.2
ESTRATTO DI “NELLA CLESSIDRA DEL CUORE”
Desidero regalarlo a tutti i miei affezionati lettori e anche a quelli nuovi per dar loro
modo di conoscermi come autrice. Scrivo da tempo, soprattutto poesie, pertanto mi
rivolgo in particolare agli amanti di questo genere ma anche a coloro che ancora non ne
sono particolarmente affascinati poiché ritengo che la poesia sia il miglior balsamo per
l'anima.
Giovanna Fracassi
Alfred
Faceva davvero freddo quella mattina. Il termometro all’interno del negozio segnava – 4
e Alfred si affrettò a ravvivare il fuoco nella vecchia stube di maiolica che troneggiava in
fondo all’angusto e scuro corridoio.
Come sempre era giunto presto nella sua libreria. A dire il vero questa era la sua vera
casa, considerando che vi trascorreva almeno 15 ore al giorno. Vi entrava appena
albeggiava e ne usciva quando ormai il sole era già tramontato da un bel pezzo. A volte
ne faceva capolino per scambiare due chiacchiere con un vecchio amico che passava a
salutarlo e lo invitava a prendere qualcosa nel nuovo locale italiano che troneggiava, con
la sua sgargiante insegna, al di là della piazza.
Qualche pomeriggio capitava anche che sua sorella Ruth venisse a portargli una fetta
delle sua torta preferita ma poteva sempre trattenersi poco, anche perché non resisteva a
lungo in piedi e stretta fra colonne di libri alte fino al soffitto. Ruth brontolava
immancabilmente che non era possibile ridurre così la libreria paterna e che nessuno mai
sarebbe entrato ad acquistare un libro in quelle condizioni.
Perfino sua nipote Helga, quando, come un tornado, correva a stampargli sulla guancia
un sonoro e coloratissimo bacio, non mancava di informarlo che le librerie che in
continuazione aprivano in città erano grandi, spaziose, con ogni comfort, dotate di
salottini con comode poltroncine rosse, caffè per una dolce pausa, fra una lettura e una
sbirciatina alle ultime novità, in alcune, vi era addirittura l’angolo gioco per i più piccoli
futuri lettori e vi si vendevano pure vari gadget , come tazze colorate, cartoline, stemmi e
tanto altro ancora.
Alfred tutto questo lo sapeva benissimo ma non aveva alcuna intenzione di cambiare,
neppure una virgola, del suo negozietto. Vi si muoveva dentro, malgrado fosse un uomo
alto e molto anziano, con una sorprendente agilità, sgusciando svelto fra una parete di
libri, pericolosamente in bilico, e una piramide di vecchi testi universitari. I rari clienti
non riuscivano neppure ad entrare: dovevano fermarsi appena richiusa la porta , aspettare
che lui sbucasse fuori da qualche remoto angolo e chiedere il libro che cercavano.
Nessuno si azzardava a toccare qualche tomo per la paura che tutto crollasse in una nube
di polvere.
Anche quella mattina fredda e uggiosa di gennaio Alfred, dopo aver esposto all’esterno,
sui vecchi panchetti di legno, alcune scatole di libri in offerta tre per due, si stava
mettendo a leggere una rara edizione del Rosso e il Nero di Stendhal, quando si accorse
che due turisti sostavano davanti alla sua vetrina e osservavano con curiosità la libreria
in miniatura, di antico e pregiato legno di olmo, ricolma di libricini da collezione.
Si trattava di una giovane coppia e che fossero turisti, malgrado la stagione, era evidente
dal fatto che la donna teneva fra le mani una guida della città di Bayreuth in lingua
francese.
Li vide parlottare fra di loro, lei indicava proprio i libricini, lui sfogliò alcuni dei volumi
esposti. Dopo qualche minuto di esitazione, lei spinse piano la porta a vetri per entrare.
Come tutti, dovette fermarsi dopo alcuni passi e stringersi un po’ per far passare anche il
compagno. Fu lui a parlare in tedesco per chiedere il prezzo dei libricini in vetrina, lei gli
parlava in francese e lui traduceva. Ma non fu questo a colpire Alfred. Qualcosa in
quella giovane donna lo lasciò stordito tanto da faticare a rispondere, si affrettò a
rifugiarsi dietro i libri con la scusa di andare a prendere quanto richiesto, ma in realtà per
calmare il martellare furioso del vecchio cuore e riprendere faticosamente il fiato.
Perché quella ragazza era sorprendentemente somigliante a Martha, la sua piccola e
dolce Martha. Gli stessi occhi scuri e ombreggiati da lunghe ciglia, lo sguardo attento e
profondo, i capelli lunghi ramati e acconciati in morbidi riccioli, il sorriso contagioso
che metteva in risalto le labbra ben disegnate che schiudendosi rivelavano delle perline
sgargianti. Ma soprattutto le mani. Candide e dalle dita affusolate. Le stesse mani con
cui Martha soleva suonare il pianoforte e che lui ammirava incantato, quasi ipnotizzato,
quando l' ascoltava esercitarsi nel grande salone della sua casa paterna.
Erano poco più che ventenni quando si conobbero all’università di Norimberga. Lo
ricordava ancora quel giorno. Era in ritardo per la lezione di bibliografia. Colpa della
serratura della stanza che aveva preso in affitto in un vecchio albergo che aveva
riadattato gli angusti locali del sottotetto a camere , a poco prezzo, per studenti. Quella
mattina la chiave vi era rimasta incastrata e dovette attendere che il proprietario salisse le
innumerevoli rampe di scale per venire a risolvere il problema con i suoi attrezzi.
Quando finalmente giunse davanti al portone dell’università si vide sbarrare il passo da
due soldati che senza tanti complimenti gli intimarono di farsi da parte. Stava
sopraggiungendo un’auto nera, una limousine che si arrestò proprio davanti all’ingresso.
Scese un altro militare che ne era alla guida e aprì la portiera alla ragazza più incantevole
che Alfred avesse visto fino ad allora .Non solo era indiscutibilmente bella ma il suo
portamento esprimeva una eleganza semplice sia nell’abbigliamento sia nel muoversi
con agilità misurata, quasi trattenesse l’esuberanza della sua giovinezza. Con un leggero
cenno del capo ed un lieve sorriso ringraziò e licenziò il suo autista e, senza indugio, salì
svelta le scale stringendo al petto i suoi libri. Passò accanto ad Alfred e gli lanciò un
breve sguardo, quasi di scusa, e si dileguò all’interno del dedalo dei corridoi
dell’edificio.
Fu una gradita sorpresa per Alfred, ritrovarla seduta in una delle ultime file di panche,
proprio nella stessa aula dove si teneva la lezione che lui doveva seguire. Con
naturalezza, le si sedette accanto: entrambi studenti, entrambi in ritardo, quindi perché
no?
Il loro fu un amore contrastato dalla famiglia di lei. Il padre era un gerarca nazista e non
nutriva simpatia per il padre di Alfred: un libraio in odore di oppositore per le sue idee
filo socialiste.
Perciò i due innamorati erano costretti a vedersi all’università e nelle rare occasioni in
cui lei poteva eludere il controllo dei genitori.
Ma Alfred si faceva bastare quel poco tempo che gli veniva regalato, Martha era la
persona, dopo suo fratello Frederick, con cui si sentiva a suo agio e con la quale poteva
comunicare anche solo stando vicini, in silenzio.
Vi furono dei mesi, mentre Frederick, si trovava a Berlino, che Alfred riusciva a sentirsi
vivo solo quando era con Martha.
Gli mancavano le partite a tennis, le lunghe chiacchierate notturne, le passeggiate in
montagna e le sciate d’inverno: tutte quelle attività che da sempre condivideva con il
fratello gemello.
La loro era una simbiosi pressoché perfetta e a nulla erano valsi i tentativi dei genitori di
allontanarli in virtù della considerazione che separati ognuno di loro avrebbe potuto
realizzarsi meglio e in modo autonomo .
Purtroppo ad allontanarli definitivamente avrebbe provveduto la guerra che incombeva
minacciosa sulle loro giovani vite.
Era la mattina gelida e uggiosa del 30 gennaio del 1941 quando Alfred fu svegliato, poco
dopo l’alba, da Frederik. “ Parto con il treno delle sette e 20.Sono stato chiamato al
fronte : non so la destinazione e non so neppure se e quando riuscirò a darti mie notizie.
Non preoccuparti per me, tu occupati di mamma e papà e della piccola Ruth”.Un
abbraccio lungo e stretto, neppure il tempo di una replica e Frederik era già fuori dalla
camera.
I giorni che seguirono furono particolarmente duri: Alfred continuava gli studi
dividendosi fra l’università e l’aiuto nella libreria paterna. Fino a quando,una sera, di
ritorno da una visita a Martha, si fermò, come era solito dal padre , per aiutarlo a
chiudere. Entrò, curvandosi un poco, per passare, lui così alto,dall’uscio leggermente
abbassato. Non lo vide seduto dietro al bancone, semi nascosto dai libri che si stavano
accumulando in modo preoccupante. Girò attorno per raggiungere la cassa da chiudere e
lo vide accasciato a terra. Lo chiamò e lo soccorse, pensando ad un malore ma capì ben
presto che non c’era già più nulla da fare. Il padre soffriva da tempo di cuore e la
partenza di Frederik, i problemi con la polizia e la preoccupazione per le notizie della
guerra avevano, evidentemente, colmato la misura .Alfred restò a lungo seduto per terra
con il corpo del padre stretto fra le braccia. Il dolore era così acuto, devastante e giunto
così inaspettato che non riusciva a pensare, sentiva improvvisamente un gran vuoto, un
vuoto incolmabile.
Al funerale vennero ben poche persone, intimidite dalle perlustrazioni delle SS che si
sapeva tenessero d’occhio le attività del vecchio libraio, le molte persone che lo
conoscevano e lo stimavano trovarono altri modi per far sentire la loro vicinanza alla
famiglia. Nei giorni che seguirono arrivarono a casa di Alfred provviste di ogni tipo:
ceste di patate, di mele, cassette di birra, pacchi di farina e di zucchero. Tutti doni
anonimi ma che fecero sentire la famigliola meno sola: tanti pensavano a loro. Non fu
possibile informare Frederik: non si avevano da tempo più sue notizie e anche questo
rendeva più cupa e profonda la tristezza che gravava sulla loro casa.
Fu deciso che Alfred avrebbe continuato gli studi occupandosi della libreria insieme a
Ruth che dovette crescere più in fretta di quanto tutti avrebbero voluto .
Alfred si laureò poco prima della fine della guerra, in una città miracolosamente
risparmiata dai furiosi bombardamenti delle forze alleate. La Germania cadeva in
ginocchio come nessun tedesco avrebbe mai potuto immaginare, qualche anno prima,
che potesse accadere. A Bayreuth era giunta l’eco di tutta questa devastazione ma ciò di
cui i cittadini soffrirono maggiormente fu la carestia , la mancanza di qualsiasi genere
alimentare, del vestiario, delle medicine. Pertanto anche la libreria faceva ben pochi
affari e la famiglia di Alfred era davvero povera. Fu deciso che Ruth avrebbe portato
avanti da sola quel poco che poteva della libreria e lui avrebbe cercato un lavoro presso
gli uffici comunali. Non c’erano molti giovani laureati e volonterosi disponibili per
quell’impiego, perciò non gli fu difficile ottenerlo.
Nel frattempo anche Martha si era laureata ed aveva anche proseguito gli studi con il
pianoforte diventando ormai una valente pianista. Il padre, con l’approssimarsi della fine
della guerra dovette scappare dalla Germania e lei non ebbe altra alternativa che
seguirlo.
Dopo cinque anni di amore delicato e dolcissimo Alfred dovette dare l’addio alla donna
che gli era rimasta vicino in tutti i momenti difficili che aveva dovuto affrontare.
Entrambi sapevano che, un oceano di mezzo, avrebbe inevitabilmente reso difficile
qualsiasi progetto di vita insieme. Rimasero in contatto, dapprima in modo assiduo, poi
sempre più sporadicamente: lei divenne una famosa concertista a New York ma non si
sposò mai.
Alfred apprese la notizia della sua morte da un articolo del giornale, in un assolato
pomeriggio di luglio. Non riuscì a cenare né a giocare con la nipotina, rimase solo con la
sua tristezza, ancora una volta.
Le voci lo riportarono alla realtà del suo negozio.
Alfred si ricompose e tornò dalla giovane coppia: avevano già scelto altri libri e ne
stavano commentando le immagini, lei teneva fra le mani una raccolta di vecchie
fotografie del tempo della seconda guerra mondiale. Da come le osservava e ne indicava
i particolari al suo compagno, Alfred comprese che doveva trattarsi di un’appassionata di
storia, chissà forse un’insegnante. Alfred conosceva pochissimo la lingua francese
tuttavia si beava della voce carezzevole e argentina della giovane donna. Quando poi lui
gli chiese quanto gli dovevano Alfred faticò a ricordare il prezzo dei vari libri e si scusò.
Amava così tanto ogni copia che aveva nella sua libreria che, ogni volta che ne vendeva
una, un po’ se ne rammaricava: era come doversi separare da una sua creatura.
Vide gli sguardi un po’ sorpresi ma comprensivi dei due: certo lo capivano, anch’essi
tenevano ai loro libri .
Alfred rimase trasognato per tutto il resto della giornata: quell’incontro lo aveva
riportato ad un tempo lontano e speciale della sua vita, aveva rivisto volti amati,
rivissuto momenti di gioia e di dolore.
Ora si sentiva tanto stanco, andò a sedersi proprio là, dietro al vecchio bancone, dove era
solito sedersi suo padre.
Voleva dormire, dormire solo un po’.
Campane
Campane
dal suono azzurro
cantano
verso il mare
richiamo del focolare
dove la fiamma
arde in perenne attesa
sui tizzoni della speranza
sarà ricca la pesca
abbondante la bionda spiga
dolce il grappolo d’uva.
Campane
dalla melodia antica
il gaio saluto
dalla finestra all’uscio
riempie la stretta via
rimbalza festoso sui muri
d’edere e di margherite
sdrucciola fra i ciottoli
lucidi e ingobbiti
fra i ciuffi d’erba odorosa.
Nel paniere il pane dorato
verrà spezzato
da mani sapienti dei ricami d’un tempo.
Campane
dal suono d’argento
cantano in onore alla luna.
Ora tutto tace solo i gatti neri
vegliano quieti
sui passi delle anime stanche.
Ora che siete giunti al termine della lettura di questi miei due scritti, mi piacerebbe
moltissimo conoscere il vostro parere. Vi sono piaciuti? Li avete trovati interessanti?
Desiderate leggere anche il resto del libro o avere informazioni sulle altre mie
pubblicazioni?
Attendo con trepidazione i vostri messaggi.
Potete scrivermi a questa e-mail
giovanna.fracassi@libero.it
La trama
Nella clessidra del cuore di Giovanna Fracassi è una raccolta costituita da due sezioni: la prima ospita dei racconti, mentre la seconda delle poesie. Molti testi celebri potrebbero essere collegati al suddetto, soprattutto per contenuti e atmosfere; tra questi Le onde di Virginia Woolf, I Canti di Giacomo Leopardi e, ancora, Silenzi di Emily Dickinson.
Quali tematiche caratterizzano la raccolta protagonista della nostra presentazione? Senz’altro il Tempo e lo Spazio permeano in particolare l’area poetica, strizzando l’occhio all’importante concetto del Ritorno, che contempla la presenza prima e l’assenza poi, dentro cui s’intrecciano i fili del ricordo, della nostalgia, della malinconia, della speranza, della solitudine, colmabile quest’ultima solo nel donarsi agli altri, nel farsi compagno di viaggio della solitudine altrui, fosse anche per pochi minuti.
Un Ritorno giustificato all’interno del concetto che nulla dell’anima va disperso e che l’energia spirituale di ognuno di noi è in grado di andare oltre, senza esaurirsi con la morte del corpo. “Tale energia resta a gravitare – come sottolinea l’autrice – attraverso quelle direttrici che chiamiamo spazio e tempo, categorie che usiamo per dare un ordine al nostro vissuto e a quello dell’umanità, ma che sono estranee allo spirito che ci anima. Quello spirito la cui unicità ci determina e ci identifica come singolo essere irripetibile e dal quale siamo irresistibilmente attratti tanto dall’avvicinarci all’altro da noi, con curiosità ma anche con empatia. Empatia che ci conduce anche a provare compassione, solidarietà, complicità. La cifra ultima rimane comunque il dolore: il dolore visto non sempre e non solo in modo negativo ma come possibilità dell’esistenza stessa.Il dolore nella sua accezione più ampia che per me coincide, in massima parte, con l’idea del nulla. Quel nulla dal quale proveniamo e al quale torniamo (e qui naturalmente esulo da qualsiasi discorso religioso), un nulla però che ha in sé le infinite possibilità dell’esistenza, delle esperienze di vita, degli incontri, delle emozioni e dei sentimenti. Un nulla che ci circonda e ci rende portatori di significato. Un nulla di fronte al quale proviamo un forte senso di smarrimento: perché sapere di potersi giocare la propria vita è una consapevolezza che sa di vertigine”.
Da "Recensioni di libri" di Ascani Valentina
Dolore, smarrimento, tempo, spazio, assenza, ma anche anima, in quanto tutto, ovvero sentimenti, riflessioni ed emozioni, prendono vita proprio da essa, residenza interiore che consente di superare le idee di passato, presente e futuro, ricordandoci che molte cose possono ritornare, grazie alla speranza.
“Tutto era stato ormai predisposto. Il salone era tristemente vuoto, come del resto ogni altra stanza, non più la luce dorata filtrava tra le fessure delle imposte. Non più i cari vecchi mobili addossati ai muri, i tappeti morbidi e ariosi stesi sul marmo. Dove erano appesi i quadri pesanti con la loro cornice dorata, ora restavano ombre e chiazze qua e là più scure, qualche piuma di ricordi restava impigliata fra gli addii pronunciati a fior di labbra, come una mesta nenia, una cantilena triste del cuore che a fatica doveva congedarsi dalle care voci, dai giochi di un tempo felice e spensierato, ma anche dai volti per sempre impressi su quell’aria gravida di nostalgia. E mi rivedo bambina, seduta accanto a mia madre, proprio lì, sul sedile del pianoforte, a muovere le piccole dita incerte, o ancora, in cucina, a spiare la crescita, nel forno, del dolce preferito, ad ascoltare il ritmico timbrare di mio padre sui fogli del ricettario medico, su quella scrivania del nonno, sotto la quale, in un piccolo spazio, amavo andare a nascondermi.”
In virtù degli argomenti toccati, Nella clessidra del cuore si pone come un’opera interessante, stimolante, ricca di sfaccettature e di occasioni di riflessione. Un viaggio emozionale da leggere e custodire.
L’autrice
Giovanna Fracassi, autrice nata a Vicenza da Emilio, medico pediatra, e da Gemma Brazzarola, e nipote di Egidio Fracassi, professore di Lettere e preside del Liceo Classico A. Pigafetta della città natale, irredentista e autore di numerosi saggi storico-politici, ha avuto sin da piccola la possibilità di vivere in un ambiente culturale molto stimolante. Crescendo, ha libero accesso alla biblioteca di famiglia e inizia così a nutrirsi di letture di vario genere, spaziando dai romanzi d’avventura ai saggi.
Per Giovanna diviene naturale maturare una grande passione per lo studio della letteratura, della filosofia, della storia, ma anche della pedagogia e della psicologia, che la condurrà dapprima a conseguire il Diploma di Istituto Magistrale e successivamente la Laurea in Lettere e filosofia presso l’Università di Padova
I suoi interessi culturali e umani la portano, in seguito, a studiare e specializzarsi nel metodo Braille e a ottenere l’abilitazione all’insegnamento della religione cattolica nella scuola pubblica. Si sposa, appena ventenne, e da questa unione nascono due figli.
La sua carriera come docente inizia alla scuola per l’infanzia per poi proseguire nella primaria e stabilizzarsi nella scuola secondaria di primo grado, dove tutt’oggi insegna Lettere con dedizione e passione.
La morte dell’amatissimo padre e poi la lunga e devastante malattia della madre trovano un’eco profonda nella sua produzione letteraria che si esplicita nella pubblicazione di varie sillogi e antologie. Inoltre, moltissime sue liriche sono presenti in riviste letterarie e raccolte specializzate.
L’amore per la scrittura viene raccontato in tal modo dall’autrice della raccolta Nella clessidra del cuore: “Questa mia attitudine direi che è presenta da sempre. Ho sempre avuto una predilezione per lo scritto rispetto al parlato, fin dalle mie prime manifestazioni di emozioni e di sentimenti. La scrittura è sempre stata il mio canale espressivo preferito. Ho iniziato a comporre poesie nel periodo adolescenziale, come tutti, ci sono poi stati dei lunghi periodi in cui ero impegnata su talmente tanti fronti che mi restava appena il tempo per scrivere il mio diario. Poi finalmente sono riuscita a ritagliarmi quello spazio temporale e mentale necessario per tornare a scrivere”.
Non mancano i progetti per il futuro. Per citarne “solo” due: a breve uscirà una raccolta di filastrocche e, in più, la nostra autrice è già al lavoro sulla stesura di un romanzo storico incentrato sulle vicende della sua famiglia.
Lo stile
“Ogni viaggio, lascia un segno nella mia composizione. Parimenti ogni mia esperienza di vita, ogni incontro, o anche il semplice osservare il mondo variopinto dell’umanità che mi circonda o del paesaggio in cui mi trovo immersa, forniscono innumerevoli stimoli alla mia riflessione e quindi poi alla mia scrittura” ci rivela Giovanna Fracassi.
Da sempre accanita lettrice, soprattutto di testi classici, ha studiato approfonditamente Leopardi, non solo per quanto riguarda la sterminata produzione letteraria del poeta, ma in particolare per la sua filosofia, che l’autrice di Nella clessidra del cuore sente molto vicina al suo pensiero e al suo sentire.
Lo stile della Fracassi è pertanto un mix ben riuscito degli autori del cuore, tra cui Woolf, Leopardi e Proust, nonché il frutto delle svariate esperienze di vita vissute, tra cui i numerosi viaggi all’estero e in Italia.
Nella Clessidra del cuore dà libero sfogo a una scrittura fortemente emozionale che si rivolge agli amanti della poesia, per quanto riguarda le liriche, e a coloro che amano una lettura non predefinita, per quanto concerne i racconti. Sia le poesie che i testi in prosa spingono il lettore a porsi delle domande alle quali sarà un vero e proprio ‘toccasana’ rispondere attraverso una ricerca interiore.