Prefazione Opalescenze
Esistono realtà parallele che non si nutrono dello scorrere classico del tempo, esistono gocce che trasportano un intero patrimonio genetico di emozioni e di capacità inalterate dal presente.Semitrasparenze che rimandano a tutto il sensibile presente in uno sguardo o nel cadere lento di una foglia sul terreno. La caduta non è da considerarsi sempre e solo come morte, ma come cambiamento necessario per il ciclo della vita.
“Stille di nebbia/ sulle mie labbra/ presto le mie tracce/ sfumano nella luce ovattata.// Il fruscio delle serpi/ stride improvviso:/ troppo vicino/ troppo vicino.// Non c’è fuga/ dall’inganno delle opalescenze/ un fiotto di vapore/ s ’avvolge e/ nell’inconsueta spirale/ il bagliore repentino/ irrompe:/ troppo tardi/ troppo tardi.” – “Stille”
“Opalescenze” narra di una fuga dalla quotidianità del pensiero, una fuga idealizzata dal verso compresso di regole retoriche. Ci troviamo di fronte alle svariate prove della libertà d’espressione. L’autriceracconta di mondi nei quali la mente non deve rammaricarsi per i suoi “sì” ed i suoi “no”; i due poli, positivo e negativo, sono corrispondenti all’immagine riflessa su uno specchio, non è né a destra né a sinistra che l’Io potrà mai trovare pace. La liberazione, in questa raccolta, si ha attraverso l’accettazione della profondità della propria anima, una profondità ricoperta di malinconiche certezze.
Giovanna Fracassi non abbandona le idee di libertà che abbiamo trovato nella prima raccolta, “Arabesques” (edito nel settembre 2012 nella stessa collana editoriale “Trasfigurazioni”), anzi notiamo un tratteggio sempre più definito della sua sfrenata ricerca di consapevolezza. Infatti, se prendiamo ad esempio liriche come “Preghiera”, “Segno”, “Sacrificio”, “Smarrimento” e “Foglia” si potrà notare la volontà di continuare la vita oltre una sorta di morte apparente, non una morte reale del corpo ma un trapasso dall’ormai vetusta vita della mente ad un nuovo spiraglio dal quale guardare il mondo. Sono pensieri profondi animati dalle potenzialità di un’autrice che non si arresta davanti ad un verso spezzato o davanti ad una rima baciata.
Una tematica presente nella raccolta poetica è il profondo dolore che si viene a formare con la rinuncia dell’amore.
L’oggetto della rinuncia non è nitido, è piuttosto un pretesto letterario per descrivere delle profonde sensazioni dell’anima, come se quest’ultima divenisse una sorta di ombra indistinta,
di ombra che su sfondo nero ha la certezza di aver tralasciato qualcosa che non ha più diritto di vita. Dialoghi intimi con un animo devastato da circostanze emozionali che non permettono una veloce transizione.
“Ombra indistinta/ dai contorni/ ormai slabbrati/ triste e logora/ aerea/ indugi/ sullo sfondo nero/ del mio lacerato sipario.// Niente sei/ ora più/ se non malinconica/ maschera/ emaciata/ a ricordo di ciò/ che mai sarai/ del sole che mai/ più scalderà/ né il tuo cuore/ né la tua parola.// Ombra indistinta/ ti aggiri sgomenta/ perduta sei/ nel tuo labirinto/ ed io per te/ nulla posso.// Il mio silente pianto/ raggiungerti mai più oserà.” – “Perduta”
E se l’animo, come ombra malinconica, si perde all’interno del suo complesso e labirintico accesso verso la felicità, anche la materia è compenetrata da una perdita, da una caduta verso un incipit di tempo che non ha misura. Un cambiamento necessario per il corpo e per lo spirito, una lotta nella quale i combattenti appartengono al medesimo personaggio, in questo caso all’Io Poetico. Anima e corpo come antichi cavalieri alla ricerca di un personalissimo Graal.
“Cielo furioso/ nubi nere come antichi cavalieri/ s’apprestano a dar battaglia.// La coltre bianca/ scivola ormai/ come stanco mantello.// Nel mondo che rotola/ io sono nel vortice/ alla ricerca del mio sacro Graal.// La mia anima è / campo di battaglia:/ quella rabbia/ che tu non conosci/ e quella tenerezza/ che hai appena sfiorato/ implodono/ nel silenzio assoluto/ di un grido/ che solo tu puoi udire.” – “Antichi cavalieri”
Written by Alessia Mocci
Curatrice della collana
Destini
Non sei mai andato via,
sei rimasto imprigionato
nel mio tempo cristallizzato:
è solo che il vento
ha disperso le carte
dei nostri destini.
In Opalescenze, Giovanna Fracassi compone una raccolta poetica intensa e luminosa, dove ogni
verso è un riflesso cangiante dell’anima in cerca di verità, amore e senso. Come la pietra opale che
muta colore a seconda della luce, così i testi di Fracassi si muovono tra malinconia e speranza, tra
perdita e resistenza, offrendo al lettore un viaggio attraverso il dolore, la memoria e la rinascita
interiore.
Attraverso immagini evocative della natura – foglie, nebbie, cieli in tempesta, maree emotive –
l’autrice esplora i territori intimi dell’amore mancato, del ricordo, della nostalgia e del desiderio, ma
anche della forza che nasce dal cuore lacerato. La parola poetica si fa luogo di rifugio, di preghiera
laica, di lucida consapevolezza.
Questa raccolta è un atto di fedeltà alla propria voce interiore e, al tempo stesso, un invito al lettore
a non temere la fragilità, ma a riconoscerla come fonte di bellezza e possibilità. Opalescenze è una
meditazione lirica sull’essere umani, sull’amare senza misura, e sull’imparare a vivere con la
consapevolezza che ogni assenza lascia un’impronta indelebile nel cuore.
Commento Opalescenze di Giovanna Fracassi
Opalescenze è un libro che non si legge: si attraversa. È una soglia di parola, un velo che si solleva lentamente per rivelare un’anima in continuo movimento, ferita eppure mai vinta. Giovanna Fracassi scrive come chi ha vissuto davvero: ogni poesia è intrisa di vita filtrata dal dolore, dalla memoria, da un amore che si consuma nell’assenza e rinasce nella parola.
Ciò che colpisce non è solo la forza emotiva dei versi, ma la loro capacità di restare sospesi, come se cercassero costantemente un equilibrio tra luce e ombra. In ogni poesia c’è una lotta – non urlata ma trattenuta – tra la voce che vuole dire e il silenzio che incombe. E proprio in questo trattenersi sta la bellezza struggente del libro.
La scrittura di Fracassi ha qualcosa di sacrale: trasfigura l’esperienza quotidiana e personale in un canto universale. C’è dolore, sì, ma mai vittimismo; c’è assenza, ma anche una forma sottile di speranza. È una poesia che consola senza semplificare, che accompagna senza ingannare.Opalescenze lascia nel lettore una traccia sottile, come la scia di una cometa: fragile, luminosa, e per questo indimenticabile.