Prefazione ad ARABESQUES
La libertà di una scelta, la libertà di esser consapevoli della realtà e della sua controparte: l’irrealtà. Un Io Poetico che sceglie di corteggiare la parte malinconica del suo esistere, insistendo piacevolmente sulla ricerca di una via di fuga, di una scorciatoia che possa allontanare ogni sentimento negativo non solo dalla sua vita ma anche dal mondo. Un’Io Poetico che al di fuori delle sensazioni esterne decide di cibarsi delle sue inquietudini e del silenzio prodotto dall’allontanamento dell’esterno.
“Mi libro ebbra/ di malinconia gioiosa,/ nella soffice,/ umida bambagia,/ né odo suoni o rumori/ se non il vivo scorrere/ delle mie inquietudini,/ né distinguo colori o forme/ se non l’impronta/ del mio essere presente/ in questo immenso mare / di trasparente irrealtà.” – “Foschia”
“Arabesques” gravita dunque in una situazione di reale/irreale nella quale non ci sono tematiche principali, ogni lirica è coadiuvata nella sua esistenza da un gusto ritmico caratterizzato dalla brevitàs e da un gusto retorico interpretato dall’anafora. Queste due componenti dello stile, brevitàs ed anafora, sono le corrispondenti dirette delle matrici spazio e tempo che in più liriche vengono prese in causa per contemplare il pensiero assoluto dell’Io.
Anche la figura retorica della metonimia, in “Arabesques”, si presenta come una forte caratteristica, soprattutto quando la natura e gli esseri vegetali presenziano rivelando un profondo tocco bucolico al componimento. E sono vecchi ciliegi che non odono più fra le loro fronde il divertimento puerile, in un malinconico trapasso di generazioni che vede l’Io poetico ricadere nel sogno di libertà e di eternità rappresentato dalla natura.
“Eccomi,/ ancora sono/ come il vecchio ciliegio/ che più non conosce/ le risa dei bimbi,/ ancora sono/ come l’intenso aroma/ dell’acacia fiorita/ che stordisce e inebria.// Eccomi,/ ancora sono / dimentica di me,/ ed irrequieta mi aggiro/ fra le vuote stanze/ dove un tempo / si dipanava la mia storia.// […]” – “Eccomi”
Una dimensione, dunque, prettamente intimista che recupera dall’esterno la concezione propria della sua creazione. Una dimensione che vede l’autrice come una foglia trasportata dal vento, con un bagaglio emozionale di ricordi senza patria. L’affermazione di esistenza e sopravvivenza si nota particolarmente nell’uso stilistico dell’anafora, posizionata soprattutto nell’incipit di strofa.
“Ti ho rubato,/ goccia di possibilità,/ dissetando/ la mia brama di vita,/ nutrendomi/ di attimi inattesi/ di felicità.// Ti ho rubato/ all’infinito essere e non essere/ e ti ho fatto mio/ per la brevità/ di un assenso.// Ti ho rubato,/ frammento ormai disperso/ nella risacca/ della mia dimenticanza.// Ti celo,/ ora,/ fra le righe/ della mia pazzia.” – “Goccia”
Percezione del mondo esaltata dalle discussioni filosofiche sull’essere, sulla monade, sullo spazio e sul tempo che sottolineano l’interesse verso le azioni del tempo visto in dualità con le sue movenze atmosferiche e le sue conseguenze emozionali. Ed anche l’amore è intrapreso in un personalissimo modo che vede contrapposti l’amato e l’amante: è l’amante che si distoglie dallo sguardo dell’amato, è l’amante che si rivela forte e tenace nel suo desiderio di allontanamento da qualcuno che non riesce più ad esser se stesso.
“Foglia strappata/ trasportata dal vento:/ vita.// Urlata, sussurrata,/ amata, ripudiata./ Trascinata oltre ogni sentire/ o nella quiete sommessa/ di un canto sospeso/ nella nullità di un attimo/ senza senso.// Questo, che ora non è più,/ rimane ancora con la sua impronta./ Tormento o estasi:/ a te la scelta.// Intanto,/ di nuovo,/ e sempre,/ volteggio.” – “Volteggio”
Alessia Mocci
A Chi
A chi nulla sa di me,
a chi mi sente ma non può ascoltarmi,
a chi sostanzia il mio essere
con la sua sola esistenza.
A chi ignaro percorre la sua vita
non sapendo di avermi accanto.
A chi può e deve scordarmi
perché il non farlo
a nulla potrebbe servirgli.
A chi forse mi porterà un po’ nel cuore
come un granello d’amore
imprigionato fra le ciglia.
A chi
mi custodirà nel sogno
come un mistero
nascosto in una nuvola di pensiero.
Giovanna Fracassi
“Arabesques” è il titolo della prima raccolta di poesie dell’autrice Giovanna Fracassi, pubblicata dalla Casa Editrice Rupe Mutevole. Dalla lettura dei versi dei componimenti presentati emerge la percezione di trovarsi di fronte ad un Io poetico che sceglie di corteggiare la parte malinconia del suo esistere, insistendo piacevolmente sulla ricerca di una via di fuga che possa allontanare ogni sentimento negativo, non solo dalla sua vita ma anche dal mondo. La percezione di un mondo che viene esaltata dalle discussioni filosofiche sull’Essere, sulla monade, sullo spazio e sul tempo. Anche il tema dell’amore è trattato in un modo personalissimo in cui l’amato si contrappone all’amante. È l’amante che si distoglie dallo sguardo dell’amato, è l’amante che si rivela forte e tenace nel suo desiderio di allontanamento da qualcuno che non riesce più ad essere se stesso.