Il bello di avere un figlio è che le sorprese non finiscono mai! E quello che meno ti aspetteresti, se non nel più remoto dei casi, è proprio ciò che puntualmente succede. Ti viene a trovare come un ospite inatteso. Toc toc. «Buonaseraaaa.» Solo che col destino, si sa, non c’è nessuna porta da sbattere, anche perché lui se ne infischia della nostra disponibilità o dei nostri impegni. Dunque non ti resta che stamparti sul viso un bel sorriso à la française (si non, ce n’est pas gentil) e abbozzare un benvenuto cordiale: voilà, si accomodi, Monsieur, faccia pure come se fosse a casa sua. Tranne che, siccome siamo a Montecarlo, ti toccherà dirlo in francese, e allora non suonerà esattamente uguale. Qui, il benvenuto si dà secondo gli usi e i costumi locali. Cosa che sortirà più o meno il seguente effetto: voilà, Monsieur, installez vous s’il vous plait. A questo punto avrete già capito l’impasse, e anche il nostro destino, perplesso da quella che non sembra esattamente una cordiale captatio benevolentiae, inizierà a sentirsi un po’ contrariato. Un vento avverso inizierà a soffiare nella vostra direzione, e anche la messa in piega appena fatta se ne potrà così andare a quel paese. Perché a parte i giri di parole tanto cari ai nostri vicini di casa, sebbene non ci separi un abisso ma solo una fitta catena alpina, come sempre l’apparenza, si sa, inganna. Fateci caso, dunque. Installez vous non è proprio la stessa cosa di accomodarsi: l’infelice termine la dice lunga sul senso di ospitalità locale. Voglio dire, neanche hai fatto in tempo ad appoggiare le tue preziose terga sulla sedia, che già stai un pochino sulle scatole “a loro”, ma col sorriso a fior di labbra, si capisce! Qui l’approccio inizia infatti come un imbarazzante insediamento, da parte nostra, nelle roccaforti delle loro case, così ben preservate dalla temuta contaminazione italiana (ci tengono a distanza più o meno come si fa col sassolino nella scarpa da ballo, il temuto brufolo prima di un servizio fotografico o il rotolino di pancia durante la prova bikini) e termina in una catastrofe degna della peggiore diplomazia internazionale. Indovinate infatti come viene gentilmente tradotto il nostro “togliere il disturbo”? Con il simpaticissimo termine débarasser. Non ce n’è. Mettetevi il cuore in pace, ci vedono come un fastidioso impiccio!
“Se nell’arco di centro metri c’è un problema, io ci scivolo sopra come su una buccia di banana. Fin qui tutto bene: normalmente mi immaginerei di essere su una tavola da surf e navigherei serena... Il problema è che, onde a parte perché siamo al mare, a Montecarlo non esistono le bucce di banana. E quindi, al solito, lo sporco lavoro di metterle in giro deve toccare a me. Un po’ come i piccioni, del tutto introvabili perché vietati dalla Costituzione: finché non la fanno profumata, qui al massimo sono tollerate solo le tortore. Con netta preferenza per le bianche colombe, che ve lo dico a fare?’Ça va sans dire.”
Non e’ facile sopravvivere a una vita glitter. Perché, come giustamente ricorda il proverbio, se l’abito non fa il monaco e una rondine non fa primavera, una rondine monegasca sul giusto abito già può candidarsi a icona chic dell’universo modaiolo. Un universo in cui si muove disinvolta e sagace la protagonista del romanzo, Sylvie Labella, brillante mamma italiana dall’ironia tagliente e dalla simpatia travolgente. Tranne il fatto che, tacco dodici a parte (l’unico a essere perfettamente sincronizzato con “la città dei glitter”), Sylvie si sente un pesce fuor d’acqua. Uno di quelli che ha difficoltà ad andare d’accordo persino coi pesci meno grossi del Museo Oceanografico, principale attrazione turistica della città.
E cosi, tra avventure alla Sex and the City e ispirazioni in stile “Shopa-holic”, dove non mancano di certo le gag divertenti e persino gli scontri con agguerrite nemiche, Sylvie e il suo amato bimbo Luchino ci portano per mano in una Montecarlo da sogno, la cui vita è apparentemente fatta di feste fiabesche, boutique principesche e... tanto fumo negli occhi, con poco arrosto di sincerità per chi volesse spiccare il volo verso altre mete.
Uno sguardo sagace, ironico e divertente sulle diversità sociali e gli scontri culturali della modernità, anche se si tratta di relazionarsi con i vicini di casa di sempre, quando a dividere è una fitta catena alpina a volte invalicabile, come quella dei pregiudizi.
Con uno sguardo divertito ed arguto Sylvie ci ricorda che le sfide della donna di oggi non finiscono mai. Come quella di conciliare maternità e modernità, senso di inadeguatezza dell’essere mamma e voli pindarici che ci riportano a ritornare le ragazze di una volta, che ballano Zumba, seguono i corsi di pole dance e sognano di incontrare prima o poi il Vasco Rossi dei loro sogni. Pur vivendo a Montecarlo.
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