Quattro settimane prima
Al suo arrivo in ufficio, Magda trovò dei fogli di carta intestata sparpagliati sulla sua scrivania e capì subito che qualcuno si era appoggiato alla sua postazione e li aveva dimen-ticati.
Nulla di strano: non era infrequente dimenticarsi oggetti sulla scrivania dei colleghi, soprattutto durante il Torneo.
Lei non usava carta intestata dell’azienda, al massimo inviava email, dunque quei fogli non le appartenevano.
Si guardò attorno per cercare qualcuno nei paraggi, qualche collega sbadato, ma non c’era nessuno; alle otto del mattino, come sempre, lei era l’unica dipendente presente in quegli spazi ariosi e moderni.
Le scrivanie disabitate, disposte senza ordine nell’ufficio, le davano una sensazione di temporanea onnipotenza, le parve di essere la padrona dell’azienda, quella che arrivava per prima e andava via per ultima, colei che aveva il potere di controllare quel silenzioso assembramento di oggetti pronti a eseguire i suoi ordini, e le piacque godere di quell’illusione.
Si poteva muovere liberamente senza essere giudicata o scrutata come un animale raro e la sua solita ansia da prestazione si placò.
Non mancava tanto all’inizio del canonico orario lavorativo ma, nel frattempo, come era sua abitudine da qualche mese a quella parte, Magda si prendeva del tempo per sé, in tutta calma.
Arrivando prima sul posto di lavoro, dimostrava impegno a un ipotetico capo che avesse avuto più voglia di lavorare di lei ma, più che altro, poteva sfruttare le dotazioni della sua postazione, nella più assoluta calma, per ciò che le interessava maggiormente; a volte erano incombenze fiscali personali, altre la prenotazione di esami diagnostici, altre ancora per seguire le sue passioni.
Con molta fatica, era riuscita a realizzare un suo desiderio, quello di lavorare presso un grosso gruppo editoriale e, fino a quando non ci era riuscita, l’aveva considerato una pura utopia, ma il suo vero obiettivo era un altro, obiettivo che inseguiva da anni e che pareva irraggiungibile.
Ci metteva il massimo impegno, altri interessi non ne aveva, né amori a cui correr dietro, ma i risultati non arrivavano.
Tuttavia lei perseverava, era certa che, prima o poi, qual-cuno si sarebbe accorto del suo talento.
Ci aveva provato anche prima di essere assunta presso la Tarrison ma, come aveva avuto modo di constatare amaramente, è più facile raggiungere dei risultati agendo dall’interno di un meccanismo inaccessibile che non facendone parte.
Effettivamente, non che avesse conseguito dei successi di qualche tipo ma, per lo meno, poteva intravvedere dei margini di miglioramento, delle possibilità precluse ad altri.
Mentre accendeva il computer e sistemava i materiali sui quali avrebbe dovuto lavorare, diede uno sguardo alle notizie, senza particolare interesse: la solita politica, i soliti omicidi, le solite ladrerie, i soliti terroristi e assassini che pubblicavano con prestigiose case editrici.
“Toh, Aldo D’Onofri e Antonio Niggers hanno scritto un libro a quattro mani… sono tornati a delinquere insieme…” pensò, mentre sulla sua bocca si disegnava una smorfia di disprezzo.
Consultò i soliti siti di informazione, quelli dei quotidiani più venduti e, come sempre, tutti davano risalto, nello stesso modo, alle stesse notizie.
«Sembra che abbiano gli stessi giornalisti o che la fuga di notizie sia inarrestabile» commentò a bassa voce.
Nel frattempo, iniziò a udire dei rumori: i primi dipendenti stavano entrando e il suo momento di relax stava per con-cludersi.
La parte più bella della sua giornata volgeva al termine e, osservando il suo piano di lavoro, notò di nuovo la carta intestata che aveva ammucchiato in un plico ordinato.
Così, prima che potesse incrociare qualche collega, intuendo chi avesse dimenticato quei fogli, scrisse un biglietto e si diresse verso l’ufficio contratti.
Mercoledì 2 ottobre. Ciao Loris, credo che questa carta intesta-ta sia tua; era sulla mia scrivania e te l’ho riportata. Buon lavoro. Magda.