Finalmente, a braccetto del papà orgoglioso di lei, giungeva
l’imminente sposa sempre dalla porta principale, in abito bianco, velo
bianco in testa e strascico lungo almeno quanto la navata della chiesa,
provvidenzialmente sorretto da due o più paggetti o damigelle, che
inevitabilmente incespicavano rovinosamente sullo strascico, spesso
lacerandolo irrimediabilmente.
L’organo suonava a canne spiegate la Marcia Nuziale, che, per aver
bene osservato come funzionavano i matrimoni nelle case, il bambino
senza nome sapeva già essere l’ultima serie di note gioiose, prima di
una vita fatta di rinunce, litigi, pianti, figli da mantenere e allevare,
suocere dalle quali difendersi con i denti e con le unghie, qualche
tradimento da ingoiare in silenzio, perché il divorzio ancora non
esisteva, lontananza dei mariti che se ne andavano a lavorare all’estero,
debiti da saldare al panettiere, al macellaio, all’erbivendolo e alla
bottega della mamma del bambino. Il farmacista no.
Il farmacista non faceva credito. E nemmeno l’oste e il benzinaio,
che bisognava pagare sull’unghia. Intanto, tuttavia, il matrimonio era
una festa. Poi, tutti fuori ancora dal portale principale a gettare riso,
che rimaneva per terra, e confetti, che i bambini si precipitavano a
raccogliere, per ingoiarli nel disprezzo assoluto di una qualsiasi forma
di attenzione all’igiene e alla salute.
Qualcuno pensa che sia finita? No, proprio no. Alla fine della storia
della vita, c’è una fine. Finisce che si muore e i funerali prevedono
che per l’ultimo viaggio, quello diretto al cimitero, il morto entri
ed esca, in una bara più o meno lussuosa, attraversando l’entrata
principale, proprio quella dalla quale era entrato in chiesa per il
Battesimo, all’inizio della sua vicenda terrena, perché il sentiero della
vita conduce inevitabilmente e inesorabilmente ad attraversare una
porta dalla quale più non si ritorna.
E fu entrando, un giorno, per accompagnare all’ultima dimora suo
padre, che il bambino divenne adulto.
Tutto finisce lì dove tutto è iniziato.
Lungo il sentiero della vita, che si snoda lungo tempi e luoghi reali, ma è anche un viaggio dello spirito, il protagonista rivive i momenti che hanno segnato il suo peregrinare su questa terra.
Sovente in compagnia del cugino Renato o con qualche altro amico oppure da solo, il protagonista racconta della sua vicenda umana e spirituale, nella quale i lettori non avranno difficoltà a riconoscere un po’ di sé stessi.
Dei luoghi visitati dalla narrazione, sovente non è indicato il nome, ma possono essere riconosciuti dalle indicazioni geografiche disseminate lungo il percorso: il fiume, il monte e la valle, fra gli altri. Sta alla curiosità del lettore ritrovarli sulla carta geografica Tuttavia, chiari indizi si trovano nella copertina. Anche alcuni nomi dei personaggi, che qui e là il bambino ha incontrato lungo il suo peregrinare, sono volutamente taciuti, per rispetto della loro memoria, altri sono indicati, per onorare la loro memoria.
Questa raccolta inizia con dei versi che contengono riferimenti riconoscibili, scritti tanti anni fa dall’autore di questo breve romanzo, che potrebbero sembrare un controsenso mano a mano che i racconti procedono, ma non lo sono, poiché, come canta Ivana Spagna, nella colonna sonora del film d’animazione Il Re leone, “questo è il cerchio della vita”.