INTRODUZIONE
La teoria più conosciuta dal grande pubblico sull’origine dell’universo è quella del Big Bang. La grande esplosione, avvenuta molto probabilmente 13,7 miliardi di anni fa, ha generato l’universo e continua a farlo espandere, forse all’infinito o forse fino ad un punto dal quale poi si contrarrà per ritornare allo stadio iniziale.
La versione classica della teoria del Big Bang, ipotizza che tutto abbia avuto inizio da una entità puntiforme priva di volume ma con densità ed energia infinite. Questo concetto era necessario per rispettare la Relatività Generale di Einstein e altre evidenze, come il red shift1 e la temperatura della radiazione cosmica di fondo2, che sono già state sperimentalmente accertate.
Molti scienziati contestano tale teoria in quanto violerebbe alcune leggi fisiche ben note, come il principio della conservazione dell’energia3 ma, soprattutto risulterebbe in conflitto con la meccanica quantistica. Sono state ipotizzate molte altre teorie sull’origine dell’universo basate su modelli matematici derivanti da osservazioni sperimentali, ma ancora incomplete. Per decidere se l’universo è in espansione infinita oppure, raggiunto un certo punto, collassa per ritornare al punto di inizio (universo oscillante tra big bang e big crunch) sarebbe necessario conoscere esattamente la densità di materia presente o la sua energia equivalente.
Il raggiungimento di una densità media di almeno tre protoni per metro cubo, definita come densità critica, permetterebbe la fase di contrazione e definirebbe l’universo oscillante. Recenti misurazioni hanno stabilito che la densità è lievemente inferiore a quella critica per cui si potrebbe dedurre che l’universo sia aperto e non oscillante. Per contro, ipotesi formulata da molti scienziati, la presenza di una materia oscura in misura prevalente sulla materia osservabile, ricondurrebbe all’universo oscillante. Il tutto viene ancora più complicato con l’introduzione di nuovi modelli di gravità quantistica che potrebbero evitare il ricorso alla materia oscura per affermare l’universo oscillante.
Che l’universo si espanda all’infinito o che, a un certo punto, inizi a contrarsi fino a ritornare al punto iniziale, per un essere umano presente oggi sulla Terra, sarebbe un fatto irrilevante, in entrambi i casi.
Quello che invece potrebbe avere degli effetti, in tempi rapportabili alla durata della vita umana, è il fenomeno dell’entanglement4.
La meccanica quantistica ha rivoluzionato enormemente il pensiero scientifico sin dall’inizio del XX secolo. Alcuni suoi principi sono sconvolgenti, come ad esempio, il principio di indeterminazione di Heisenberg5, secondo il quale si può misurare la quantità di moto di una particella ma non la sua posizione al momento della misurazione. Per contro, si può sapere dove si trova ma non si possono conoscere le sue caratteristiche. È evidente che la natura ama giocare a nascondino con gli umani.
Ciò ha fatto cambiare anche la concezione della struttura dell’atomo. Il vecchio modello, che Bohr aveva concepito nel 1913, con il nucleo centrale circondato dalle orbite degli elettroni non è più corrispondente alla realtà. Il nuovo modello a orbitali prevede invece che gli elettroni siano distribuiti su degli strati probabilistici che avvolgono il nucleo, poiché non è possibile prevedere quale delle possibili orbite percorrerà il singolo elettrone. Un aspetto ancora più sconcertante della meccanica quantistica è la scoperta di reazioni istantanee tra particelle separate anche da lunghe distanze.
In parole semplici, due particelle facenti parte della stessa particella “madre”, una volta separate, rimangono collegate in qualche modo ed interagiscono anche a lunga distanza. Agendo su di una, l’effetto si riscontra anche sull’altra, indipendentemente da dove si trovi.
La natura di questo legame è ancora sconosciuta e, quello che avviene, contrasta con la Teoria della Relatività di Einstein, ma è accertato sperimentalmente che avvenga. I fisici arrivano a ipotizzare che lo stesso fenomeno si possa manifestare anche su scala macroscopica.
Questo legame, o interazione che dir si voglia, viaggerebbe ad una velocità enormemente superiore a quella della luce, il che sconvolgerebbe tutte le attuali teorie della fisica classica che considera la velocità della luce un limite invalicabile. Non solo, ma muterebbero radicalmente tutte le prospettive riguardanti l’impossibilità di raggiungere stelle lontane o di entrare in contatto con altri esseri.
Un viaggio su Marte, quando questo è vicinissimo alla Terra e cioè a circa 55 milioni di chilometri, durerebbe poco meno di un anno con un buon razzo tradizionale, mentre un’onda elettromagnetica impiegherebbe qualche minuto.
Attualmente, non avrebbe senso immaginare, anche ipotizzando di poter viaggiare alla velocità della luce, la durata di un ipotetico viaggio verso una stella la cui luce, che ci arriva oggi, è partita 13 miliardi di anni fa, come nel caso di z8_GND_5296, una galassia nana rossa che sembra essere uno tra gli oggetti più distanti dalla Terra, fino ad oggi scoperti.
Ma non è detto che non ne esistano altri ancora più lontani. In effetti, stime molto approssimate degli astrofisici, ci dicono che il diametro dell’universo osservabile, potrebbe essere dell’ordine di 93 miliardi di anni luce. Questo solo per la parte osservabile con gli strumenti attuali, che forse non vedono tutto. Al suo confronto la Via lattea, la nostra galassia, è un microbo di 100 mila anni luce di diametro.
Questi sembrano essere i limiti temporali e spaziali, entro i quali l’umanità è confinata, sempre che l’entanglement, questo strano fenomeno quantico, non ci apra nuovi orizzonti, impensabili al momento.
Alcune nuove teorie, che si richiamano a un concetto che Jung6 nel 1950 definì come ‘sincronicità: un principio di nessi acausali’, ipotizzano che l’universo abbia una Coscienza Collettiva in cui tutto è collegato. La scienza conferma che tutti noi siamo uniti in un intreccio (entanglement) che fluisce da sempre e che comunica con noi tramite la sincronicità. Questo fenomeno rappresenta l’aspetto più sconvolgente mai scoperto dalla fisica quantistica odierna e sembra coinvolgere non solo le particelle elementari, ma anche il mondo macroscopico e psichico.
Un unico meccanismo fisico sincronico sembra unire tra loro tutti questi fenomeni dove particelle, materia e coscienza si fondono in una sola realtà olografica, rendendo spiegabili fenomeni come la telepatia, il teletrasporto, la precognizione, la visione remota e la psicocinesi.
La nostra psiche non è un’entità astratta o illusoria, ma un ente collaborativo alla creazione dell’universo, mentre la nostra coscienza nasce ogni centesimo di secondo come collasso gravito-quantistico delle tubuline7 presenti nei microtubuli del nostro cervello. Un meccanismo originantesi nel vuoto quantistico8 fa collassare la funzione d’onda9 che lega in stato di entanglement miliardi di microtubuli.
La scoperta della sincronicità nasce dall’imbarazzo di Albert Einstein ad accettare la meccanica quantistica come teoria autoconsistente10, in seguito dimostrata in laboratorio nel 1982 dal fisico Alain Aspect. Due particelle che hanno precedentemente interagito, una volta separate anche a distanze grandissime, comunicano veramente tra di loro in maniera istantanea. Basta solo che una delle due sia misurata, tramite una interazione diretta tra osservatore e osservato, per cambiare all’istante anche l’altra.
Sul piano della fisica microscopica l’universo è in grado di comunicare con sé stesso, ma sembra che anche la coscienza abbia molti punti in comune con le particelle elementari. Oggi, esperimenti su larga scala sembrano dimostrare che queste proprietà di non-località sono possedute su scala molecolare anche dal DNA e dai geni che determinano la morfogenesi11 e l’evoluzione della vita nel cosmo.
Poiché nessuno oggi è in grado di dimostrare inequivocabilmente o smentire molte di queste ipotesi, in questo terzo volume della trilogia, l’autore immagina che questi fenomeni abbiano ragione di esistere nella realtà del cosmo e ne immagina gli effetti sui mondi e sugli esseri che li abitano.