Un volo di due ore

Autore : Giovanna Santagati
Anno di produzione : 2021
Casa Editrice : Youcanprint
Genere letterario : Narrativa-romanzi - Drammatico filosofico
Formato : Ebook, Cartaceo
Quarta di copertina
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I
Laura


Luglio 2010
Non avrei mai creduto che, avendo lasciato definitivamente la scuola dopo circa quaranta anni di sadica sveglia mattutina e corse allucinanti tra una scuola e l’altra, notti a preparare lezioni e pomeriggi spesi a frequentare tutti i corsi di aggiornamento possibili ed immaginabili, sarei rientrata nella scuola come volontaria ad otto anni dal pensionamento. A dire il vero l’idea non mi aveva mai sfiorata, ero convinta di avere dato il meglio di me quando ero in servizio ed ecco giunto il momento in cui avrei potuto dare libero sfogo alle mie passioni: lettura, pittura, musica (custodivo gelosamente una raccolta di 33 giri di musica classica che da una vita aspettavano di essere ascoltati ) e i viaggi…..Sarei andata a trovare mia figlia, Giulia, in Francia il più spesso possibile e mi sarei finalmente conciliata col francese, una lingua che ho sempre reputato antipatica e che evitavo con cura di parlare. Adoravo leggerla invece, la letteratura francese mi piaceva moltissimo e nella mia biblioteca personale a tutt’oggi campeggiano due scaffali di opere classiche francesi in lingua originale.
Nell’arco degli ultimi otto anni dal pensionamento alcuni dei miei proponimenti si erano realizzati ma mi sentivo delusa dal fatto che il tempo mi sfuggisse di mano prima che potessi accorgermene e della miriade di cose che avevo portato avanti quando lavoravo, non riuscivo più a farne nemmeno la metà. Cominciavo a considerare che forse l’età, il mostro da sempre temuto nei saloni di bellezza e fitness, ma di cui non si parlava, quasi ad esorcizzarne il potere, lasciasse trasparire il suo peso… io, che non l’avevo mai presa in considerazione, tanto meno come ostacolo, che la vivevo come il privilegio che mi avvicinava sempre più a conquiste insperate...dovevo forse rivedere i parametri della mia apparente instancabilità?
Avevo preso a cuore la nuora della mia vicina di casa, Llona, una simpaticissima giovane donna olandese, venuta in Italia da poco con il figlio avuto dal primo marito, un ragazzino di tredici anni con i capelli rossi (molto più slavati dei miei) ed enormi occhi azzurri e che pareva avesse accettato di buon grado il matrimonio della madre con un italiano. I problemi del ragazzo erano iniziati con la scuola, era stato iscritto alla terza media e la difficoltà con la lingua italiana lo penalizzava non poco. Così, alla richiesta della nonna acquisita di aiutarlo, io non seppi dire di no. Scoprii da lì a poco che la cosa mi faceva enormemente piacere e mi gratificava in modo significativo. Lo seguivo qualche ora tutti i giorni nei compiti e gli offrivo sempre spunti di conversazione per stimolarlo a parlare. Presto gli regalai dei libri di facile lettura, che consigliai di far leggere anche alla madre, perché potesse arricchire il suo bagaglio lessicale ed acquisire maggior sicurezza nella conversazione in italiano. I successi non tardarono a venire. Wouter era un ragazzo intelligente ed ironico e rideva da solo cogliendo i propri errori. Imparò presto a capire e a farsi capire, a rispettare le regole e i ritmi della scuola e in classe era tenuto in alta considerazione dai compagni. Io mi ero offerta qualche volta di accompagnare Llona ai colloqui con gli insegnanti per aiutarla nella comprensione. Noi due per intenderci usavamo il tedesco, poco più che scolastico ma corretto quello mio, fluente e ricco quello di lei, ma ci intendevamo alla grande. Il ragazzo completò l’anno con risultati più che soddisfacenti e si meritò il volo premio per l’Olanda per festeggiare il suo successo col padre e gli amici che aveva lasciato.
Era giorno di mercato quel lunedì di fine luglio quando la voce squillante dell’insegnante di italiano di Wouter si distinse tra la folla per salutarmi cordialmente: - Chi si rivede! Ciao, Laura! Ci fu uno scambio di convenevoli, poi notizie del ragazzo olandese e della scelta di scuola superiore per il prosieguo degli studi. Tra insegnanti non si può non parlare di scuola, diventa inevitabile, così accettai di buon grado che si discutesse delle difficoltà della scuola per il crescente numero di studenti stranieri immessi a getto continuo nelle classi senza alcuna conoscenza della lingua italiana, della mancanza di fondi per pagare insegnanti addetti a progetti di alfabetizzazione e sostenere i nuovi iscritti durante le lezioni. La collega accennò che l’anno precedente avevano avuto un professore delle superiori in pensione che volontariamente aveva dato una mano con i casi più difficili. Ci fu una pausa durante la quale noi due, una docente in servizio e l’altra che non lo faceva più da quasi un decennio, ci scambiammo uno sguardo lungo, quasi calamitato, eloquente, che sigillò un patto. Mi trovai sulla via di casa che già stavo pensando ai sussidi che avrei potuto reperire per potere realizzare il progetto di alfabetizzazione cui avevo appena aderito come volontaria. Non riuscivo a contenere la soddisfazione di questo evento. Inviai subito un messaggio a mia sorella Bea, ma ricordai ben presto che a quell’ora poteva essere in tribunale e non avrebbe acceso il cellulare fino al primo pomeriggio, Anselmo quella mattina aveva un controllo dal dentista, chissà quando sarebbe rientrato, così suonai il campanello della mia vicina. Llona venne ad aprire e accogliendomi gentilmente raccolse il racconto che tutto d’un fiato le esposi, in italiano, ovviamente. Forse Llona non capì tutto, ma intuì che qualcosa di importante riguardo la scuola era accaduto, avrei ancora aiutato Wouter? Questa fu la domanda che le venne spontanea. Io annuìi e precisai che lo avrei fatto quando il ragazzo ne avesse avuto realmente bisogno. Ora era in grado di leggere e capire da solo. Altri studenti stranieri avevano bisogno di aiuto adesso!
Settembre arrivò e venni contattata dalla segreteria per gli incontri preliminari. Avevo scelto come borsa di lavoro una sacca robusta e capiente ben decorata che Anselmo mi aveva portato da Vienna. La corredai di astuccio con penna e matita ed una scatoletta di gessi colorati che mi sarebbero potuti tornare utili, poi una risma di fogli bianchi e gli occhiali. Così equipaggiata diedi avvio a questa nuova esperienza che mi entusiasmava, anche se ero cosciente del peso minimo che il mio apporto avrebbe dato alle enormi difficoltà che i ragazzi stranieri avrebbero avuto, ma mi ci dedicai con serio impegno.

 

In un momento sociale in cui siamo catturati da quanto fa scalpore, indipendentemente dal suo intrinseco valore, purché colpisca, ci stordisca, ci attiri dove mira, ci distragga dal quotidiano (come se questo fosse il demonio da combattere) è forse venuto il momento di prenderci una pausa, di guardarci dentro, di osservarci, di trovarci belli ed interessanti indipendentemente dal look che i media ci impongono, scoprirci sorprendentemente unici. Potremo così dare valore a quanto ogni giorno facciamo, anche se non sempre corrisponde al nostro desiderio di fare, ma ha in ogni caso una sua ragione e per questo merita rispetto e attenzione. Altrimenti rischiamo di farci scorrere davanti la vita senza accorgercene, vivendo come altri vogliono, assecondando esclusivamente esigenze di mercato o fazioni imperative.
Dalla prossima pagina sarete immersi nella vita di Laura, una storia banale di una donna normale, dove banale sta nella sua accezione originaria (dal francese 'banal', cioè, appartenente al signore, quindi privata) e normale, nel suo significato matematico ( l'etimo 'norma' sta per squadra, quindi vettore tridimensionale perpendicolare ad una superficie piana) e la bellezza della sua storia sta proprio nella sua più totale ordinarietà di vita, con tutti i suoi risvolti positivi e negativi che la nostra natura spontaneamente comporta, ma che ogni atteggiamento individuale rende inimitabile quindi stra…ordinaria. Buona lettura!


GS