Capitolo 1.
Giorgio Relli era nato a Trieste verso la fine della guerra, nel 44. Appena nato la madre con lui tra le braccia assieme all’ostetrica e altro personale della clinica di via Rossetti, dovettero fuggire nel rifugio antiaereo sottostante. perché era in corso un bombardamento sulla città. Queste fughe nei rifugi avvenivano spesso a causa dei frequenti bombardamenti. Il padre era nella Guardia Civica e spesso era lui che lo portava in braccio al rifugio con la culla al completo, assieme alla madre e alla nonna materna. Il nonno materno invece non voleva entrare mai nei rifugi e si eclissava chissà dove fino al cessato allarme delle sirene.
Il padre scomparve nei primi mesi del 45, quando Giorgio aveva quattro mesi, sgozzato dai partigiani titini durante un pattugliamento. Non era fascista, ma un appartenente della Guardia Civica, che era un corpo che dipendeva dal Podestà di Trieste, non poteva non esserlo per i feroci titini. Giorgio crebbe con la madre e la nonna e l’unica figura maschile in famiglia era il nonno materno.
La Trieste di allora, dopo la guerra, divenne Territorio Libero di Trieste, uno staterello semi indipendente controllato delle autorità militari alleate anglo-americane. Finite le scuole elementari Giorgio si trasferì ad Udine con la madre che si era risposata e dopo aver frequentato il ginnasio non aveva le idee ben chiare sul suo futuro ma aveva un passione innata per l’elettronica. Si iscrisse così ad un istituto tecnico di Udine che aveva appena avviato un corso sperimentale di elettronica con il programma di studi che si estendeva anche alle discipline umanistiche e scientifiche. Frequentò tre anni dei cinque previsti e poi abbandonò la scuola. Il suo carattere testardo ed orgoglioso non ammetteva umiliazioni da parte di qualche insegnante che troneggiava in cattedra, soprattutto se senza merito.
Giorgio era fondamentalmente educato e rispettoso di tutti, ma poteva trasformarsi in un vero mostro di volgarità se veniva stuzzicato con cattiveria e punto nel suo orgoglio forse troppo esagerato. Era di carattere molto tollerante e sempre pronto a scusare eventuali torti subiti ma solo se non vi intravvedeva malignità intenzionali. In questo caso cancellava definitivamente dal suo mondo il colpevole ed interrompeva qualsiasi tipo di rapporto ignorandolo completamente. Fisicamente non era un colosso tuttavia grazie agli sport praticati, soprattutto nuoto e alpinismo, aveva sviluppato una muscolatura anche se non evidentissima, piuttosto robusta. Aveva una particolarità, che era di famiglia, una stretta di mano micidiale che sorprendeva i compagni e gli amici, anche molto più grossi di lui. Non veniva alle mani tanto facilmente perché sapeva che se fosse stato costretto a farlo ben difficilmente si sarebbe fermato.
Lasciata la scuola si interrogò su cosa volesse fare e considerò, fra l’altro, l’idea di arruolarsi in qualche corpo militare che comprendesse il servizio sul mare, dal quale era particolarmente attratto. Casualmente, un giorno, leggendo il giornale, gli capitò sotto gli occhi una inserzione di una scuola privata di Trieste che preparava all’esame di stato per ottenere il brevetto di ufficiale marconista con il quale avrebbe potuto imbarcarsi sulle navi mercantili. Lo attirò l’ idea di ritornare a studiare a Trieste alla quale, allora, era particolarmente legato ed inoltre, grazie a questo tipo di lavoro, avrebbe potuto esplorare il mondo. Aveva anche una curiosità insaziabile che lo portò ad approfondire, da autodidatta, alcune materie che lo interessavano particolarmente, la fisica e la matematica.
A Roma ottenne il brevetto di ufficiale marconista nel 1962 sostenendo l’esame di stato presso il Ministero delle Telecomunicazioni. Conseguito il brevetto, rimase in attesa di un imbarco per qualche anno. Dopo essersi rivolto a diverse agenzie di navigazione aveva quasi perso le speranze e stava considerando l’ idea di impiegarsi presso qualche ditta a terra. Non aveva mai conseguito, per motivi oscuri anche a lui stesso, la famosa matricola cioè il libretto di navigazione che permetteva l’ imbarco sulle navi battenti bandiera italiana, indispensabile oltre al brevetto già in suo possesso. Aveva già trovato un posto non particolarmente interessante in una industria locale quando, un paio di giorni prima dell’inizio del nuovo lavoro, gli arrivò, inaspettata, una telefonata.
”Signor Relli? Qui è l’agenzia di navigazione Calvetti di Trieste, lei è disponibile? ”
”Si certo, si tratta di un imbarco come marconista? ”
La voce all’altro capo del telefono era di una giovane segretaria dal tono cordiale e sbrigativo che dimostrava efficienza: ” Dovrebbe presentarsi dopodomani mattina alle 10 qui in agenzia se le va bene ” Quel “se le va bene”, aveva un tono che non ammetteva alcuna replica per cui Giorgio stupito, incuriosito ma contento rispose affermativamente.
Per tutto il giorno antecedente all’incontro si concentrò per radunare nella sua mente tutte le nozioni necessarie per affrontare il nuovo incarico. Conosceva bene la materia in teoria ma in pratica difettava di molto in quanto non era proprio mai salito a bordo di una nave mercantile oltretutto per un incarico così importante. All’epoca nessuna nave poteva salpare senza un marconista a bordo e pensò che quelli dell’agenzia dovevano essere proprio alle strette per chiamare uno come lui senza nessuna esperienza.
Il giorno fatidico si recò all’agenzia e fu subito ricevuto dal direttore. In seguito scoprì che era anche il proprietario della nave. Subito dopo i convenevoli ed il benvenuto del direttore, Giorgio annunciò immediatamente: ”Guardi che non sono mai stato imbarcato, ho una conoscenza scolastica del mestiere ma anche buona volontà e disponibilità ad imparare. ” Il direttore se l’aspettava e con un sorriso bonario replicò: ” Non si preoccupi in caso di difficoltà nella ricezione le manderemo i messaggi più importanti via radiotelefono, quello lo sa usare no? ” e sorrise più apertamente.
”Certamente ” rispose di rimando ricambiando timidamente il sorriso. ” Bene ” fece il direttore ” ha giusto il tempo per preparare i bagagli, la nave è all’ancora in rada e parte domattina alle sei, si trovi qualche ora prima all’attracco dei motoscafi vicino al molo Bersaglieri dove troverà una barca a motore che la porterà a bordo. Il marconista che sbarca le passerà le consegne. ”
Giorgio pensò che non era proprio l’ora adatta per familiarizzare con strumenti mai visti prima ma salutò il direttore ringraziandolo, uscì e si avviò verso casa assorto nei suoi pensieri. Aveva desiderato molto quell’incarico ma l’arrivo così inatteso lo scombinava non poco. Decise comunque di far buon viso ad un gioco non cattivo ma sconosciuto e si concentrò sulla preparazione dei bagagli e su cosa gli potesse essere utile a bordo.
Non sapendo nulla sulla destinazione della nave decise di mettere nelle valigie un po’ di tutto, abbigliamento estivo ed invernale, non c’era bisogno di divise ma aggiunse anche delle camicie e pantaloni color kaki poiché aveva sentito dire che si usavano a bordo delle navi da carico. Pensò anche di procurarsi dei gradi per le spalline, in quanto il marconista poteva avere il grado di secondo ufficiale di coperta oppure di primo, in quanto era considerato un caposervizio ed avrebbe avuto come suo superiore solo il comandante. Nel dubbio, scartò l’idea per non fare la figura del “gasato”. Se le sarebbe procurate eventualmente in seguito se fosse stato necessario.
Alle quattro del mattino, dopo aver dormito poche ore e male, si presentò al molo prestabilito con una grossa valigia ed un porta abiti in pelle dove aveva messo un paio di vestiti eleganti nella speranza di poterli sfoggiare in qualche porto esotico come un vero avventuriero da film. Era una freddo mattino di gennaio ed una insistente bora ciara si insinuava dappertutto spandendo un forte odore di salmastro. Ciò contribuì a svegliarlo del tutto e si sentì pronto ad affrontare qualsiasi impresa. L’uomo della barca a motore, che lo stava aspettando sul molo, lo vide e lo apostrofò:
”Lei la ga de andar sul Old Warrior no? ”
”Sì sono il nuovo marconista ” rispose
”Ah la xe el novo marco... la monti a bordo. ”
Scoprì in seguito che il marconista, indipendentemente dal suo nome di battesimo o dal suo cognome, a bordo veniva chiamato Marco o Marconi e che non era un termine canzonatorio né irrispettoso anzi era rispettosamente affettuoso. Lo stesso avveniva per il comandante che nella marineria giuliano-dalmata veniva chiamato Barba con le stesse intenzioni. Tutti gli altri ufficiali, invece, venivano chiamati col cognome preceduto da signor ed era usato sempre e rigorosamente il lei.
Nel buio della notte si vedevano riflesse le luci della città sul mare non troppo mosso e la bora ciara insistente, assieme all’odore di salmastro ancora più intenso, gli davano una piacevole sensazione di avventura.
La barca a motore dopo un breve tragitto accostò alla fiancata della nave lungo la quale era stata calata una scala rigida di legno piuttosto larga con il corrimano di corda, illuminata da una grossa lampada simile a quelle usate per la pesca notturna.
Giorgio salì a bordo e venne ricevuto alla murata da un signore anziano, robusto, dal fisico tozzo, dall’ aspetto di un vecchio pescatore, avvolto in un giaccone di panno blu ed una calotta di lana dello stesso colore tirata fino alle sopracciglia che, con le mani nelle tasche lo accolse con un ” Buongiorno, venga, mi segua, il marconista che deve sbarcare la sta aspettando in stazione radio ” . La frase era stata formulata in un misto di dialetto triestino e gradese mescolati assieme. In seguito, Giorgio scoprì che questi era il primo ufficiale di coperta e pensò di aver fatto bene a non aver portato con sé le spalline con i gradi.
Nella stazione radio il marconista che lo aspettava era un giovane che aveva da poco passato la trentina ma aveva passato parecchi anni in mare ed era un espertone, di quelli che sanno veramente tutto e si arrangiano in ogni evenienza. Era evidente che aveva una gran fretta di andarsene ma visto il pivello che gli stava davanti si dilungò qualche minuto di più a dare spiegazioni. Le apparecchiature erano tutte anteguerra di fabbricazione tedesca e solo il radiotelefono era nuovo e di costruzione italiana.
Il marconista, previdente, aveva accumulato una notevole scorta di pezzi di ricambio per cui si poteva sperare di far fronte a qualsiasi guasto anche in navigazione. Ebbe la cortesia di fornire a Giorgio, che allibì vistosamente, un consiglio prezioso. ” É bene che lei sappia che nell’apparato ricevente principale ci sono delle impedenze a filo che quando la nave rolla molto vanno a toccare il loro involucro di alluminio. Ho infilato dei sotto tappi di sughero per evitare il problema ma a volte cadono con rollate molto forti. In quel cassetto le ho messo una scorta di sotto tappi se ne va perso qualcuno. ” Salutò con una stretta di mano ed un ” Buon viaggio e buona fortuna ” e, scesa di corsa la scala, sali sulla barca a motore che lo stava aspettando, scomparendo nel buio.
Giorgio rimase solo a familiarizzare con gli apparati esplorando tutta la stazione radio e, mentre stava esaminando il Nautilus, un ricetrasmettitore di emergenza a forma di ogiva, funzionante a manovella, sentì bussare alla porta ed entrò direttamente senza attendere risposta un uomo alto, anziano con i capelli bianchi, dall’aspetto elegante e dall’aria marziale ma con uno sguardo simpatico e cordiale. ” Buongiorno, sono il comandante Riccardi, benvenuto a bordo. Lei ha già navigato? ” si informò. In risposta Giorgio buttò li un ” Grazie comandante, è il mio primo imbarco ”
”Speriamo bene allora ” replicò andandosene con un sorriso.
Dopo una mezz’ora, mentre stava provando il tasto telegrafico, sentì il rumore della catena dell’ancora che veniva issata dal verricello. Stavano salpando, e si chiese per dove. Sentì poco dopo il rumore della macchina, un lento susseguirsi di tonfi che facevano vibrare tutto lo scafo. La nave cominciò a scivolare nel buio, sul mare poco mosso del golfo. Al largo iniziò un leggero rollio ed a Giorgio venne il dubbio se gli potesse venire il mal di mare ma, al momento, non provava nessuna sensazione di nausea, anzi, il leggero rollio sembrava cullare lo scafo piacevolmente. Era ancora buio quando decise di salire e curiosare in plancia per vedere cosa succedeva. Usci dalla stazione radio che era confinante con la sua cabina sul ponte lance e salì la scala che portava all’aletta di plancia dalla quale si accedeva al ponte di comando della nave. La porta scorrevole aveva una vetrata ed al di là si vedeva un buio interrotto solo da una debole luce proveniente dalla grande bussola magnetica che illuminava la ruota del timone ed il viso del timoniere. Stupito, aprì la porta ed entrò intravvedendo nel buio alcune figure in piedi tra cui riconobbe quella del comandante e stupidamente chiese: ” Non avete luce qui? ”
La risposta gli arrivò sconsolata in dialetto triestino dal comandante Riccardi, che era di Zara: ” Cossa no la sa che sul ponte se sta in scuro? Oddio...dio… dio... ”Era ovvio che la plancia dovesse rimanere al buio per permettere la visione all’esterno. Giorgio balbettò qualcosa e ritornò nella stazione radio con la certezza di aver fatto una figura che normalmente viene identificata con un termine molto volgare.
Non si scoraggiò e accese gli apparati della stazione radio che dovevano essere spenti in prossimità dei porti. La nave aveva guadagnato il largo dirigendosi a sud a tutta forza, a 55 giri dell’elica al minuto. Quel “tutta forza” oggi farebbe sorridere perché equivaleva ad una velocità di una decina di miglia all’ora, cioè meno di 20 km/ora.
L’Old Warrior era una nave a vapore costruita in Germania negli anni 30, ma battente bandiera panamense. Lunga una settantina di metri e larga poco meno di quindici, aveva un dislocamento a vuoto di cinquemila tonnellate ed una portata di altrettante. La propulsione era assicurata da un particolare motore a vapore che era l’orgoglio dei macchinisti di bordo. Al posto del tradizionale motore a vapore a tre cilindri di diametro decrescente, l’ Old Warrior era dotato di un motore a quattro cilindri simile ad un motore Diesel con valvole in testa ma nei cilindri, invece che nafta, veniva iniettato del vapore ad alta pressione. Il vapore era generato da due caldaie alimentate a nafta pesante. Quando fu concepito questo strano motore a vapore doveva essere stato considerato come qualcosa di innovativo ma, viste le prestazioni ottenute in mare, i progettisti dell’epoca dovevano essersi ricreduti e quel motore era forse l’unico rimasto in navigazione negli anni 60.
I macchinisti di altre navi che visitavano la sala macchine rimanevano stupiti da questo tipo di motore ed in occasione della visita del direttore di macchina di una nave del Lloyd Triestino, questi chiese: ” Quanto la fa in mar sta barca con sto motor? ”Il direttore dell’ Old Warrior rispose orgogliosamente: ” Con bon mar e senza spacar l’asse de l’elica anche 11 miglia ” esagerando un poco. Quello del Lloyd scosse la testa ridacchiando: ” Eh i cruchi miga sempre i la indovina, la mia barca ga un motor Ansaldo Diesel che ghe somiglia a questo ma ghe demo dentro nafta lezera e la fa 19 miglia senza sforzar ”.
Nonostante i suoi detrattori, il motore della Old Warrior era una rarità e rimaneva l’orgoglio dei suoi macchinisti.
Albeggiava quando Giorgio decise di inviare il suo primo messaggio dalla nave alla stazione di Trieste radio IQX e con una certa emozione manipolò sul tasto il messaggio:
“IQX de HOPF QRU?”che significava secondo il codice Q usato in marina: “Trieste da Old Warrior (il cui nominativo era HOPF) avete messaggi per noi?” Erano appena salpati ed era estremamente improbabile che ci fossero dei messaggi. Dopo un secondo un segnale forte e squillante in cuffia rispose:
“HOPF de IQX nil” (nessun messaggio) Il radiotelegrafista di Trieste radio disse ad alta voce tra la bonaria ilarità dei colleghi in sala radio: ” I xe apena partidi cossa i vol? Sicuro che a bordo xe un al primo imbarco ”. Ma Giorgio per rifinire compiutamente il tutto rispose: “IQX de HOPF tu” (grazie)
Orgoglioso di aver assolto con successo al suo primo compito, gironzolò per la nave ed entrò nel salone ufficiali dove lo steward aspettava di servire la colazione agli ufficiali del primo turno dalle 0800 alle 1200 che, su quella nave, erano il comandante sul ponte ed il direttore in macchina. Il salone ufficiali era un locale piuttosto ampio per quel tipo di nave, situato a livello della coperta. La paratia verso prua era occupata una panca per tutta la lunghezza di fronte alla quale erano fissati al pavimento tre tavoli ognuno dei quali aveva due sedie a braccioli a poppavia. I posti erano assegnati secondo un ordine gerarchico ben preciso.
Il comandante sedeva al tavolo di dritta sulla panca e di fronte a lui aveva il direttore di macchina. Sul tavolo centrale sedeva sulla panca, verso dritta, il primo ufficiale di coperta che aveva alla sua destra il primo ufficiale di macchina. Di fronte a loro sedevano il secondo di coperta con a fianco il secondo di macchina. Il terzo tavolo era riservato al marconista seduto sulla panca che avrebbe dovuto avere di fronte il terzo di coperta ed il terzo di macchina ma su quella nave non erano stati imbarcati per economizzare. L’ordine gerarchico era rispettato in entrambe le direzioni. I capi servizio, ordinati longitudinalmente da dritta a sinistra secondo il grado, sedevano con la schiena verso prua ed avevano di fronte i loro subalterni. Giorgio non aveva subalterni.
Stava considerando questo ordine gerarchico del quale era stato informato dallo steward, quando entrò il comandante e si sedette al suo posto rivolgendogli un ” Buongiorno signor Relli ” e ricevette in cambio da Giorgio: ” Buongiorno comandante, posso chiederle la nostra destinazione? ” la risposta fu: ” Per ora verso sud ma siamo in attesa di istruzioni via radio, mi raccomando a lei ” e sorrise.
Finita la colazione Giorgio andò di corsa alla stazione radio ed accese tutti i ricevitori di cui disponeva attivando l’ascolto in altoparlante ed alzando il volume. Era piuttosto emozionato nell’attesa di ricevere un messaggio così importante come la destinazione della nave. Il suo turno di servizio prevedeva otto ore di ascolto al giorno dalle 0800 alle 2200 con pause intervallate di due ore ciascuna. Questi orari erano in pratica puramente indicativi in quanto in caso di bisogno il marconista poteva passare molte più ore al suo posto oppure, durante le ore obbligatorie alzare il volume e rimanere nella sua cabina accanto alla stazione radio. In teoria non aveva altri compiti a bordo. Ma solo in teoria come si vedrà in seguito.
Nei due giorni seguenti Giorgio passò quasi tutto il tempo in stazione radio con pochissime pause interpellando Ancona radio, che era la stazione radio più importante del medio Adriatico, diverse volte al giorno in attesa del telegramma preannunciato dal comandante. Il terzo giorno una voce gracchiante dal radiotelefono scandì il suo nominativo seguito dal nome della nave. Ancona radio aveva un fonogramma per loro. Rispose immediatamente e gli trasmisero il fonogramma, breve e senza particolari dettagli:
“a: Comandante Old Warrior da: Agenzia Calvetti stop Dirigere Salonicco stop Appoggio Agenzia Schembri. Fine”.
Giorgio corse sul ponte dove era di turno proprio il comandante e gli consegnò il fonogramma ricopiato in stampatello. Dopo averlo letto il comandante gli raccomandò ” Mi porti ogni dodici ore i bollettini meteo con le previsioni sulla nostra rotta, per favore ” ”Senz’altro comandante ” rispose e ritornò in stazione radio.
Il giorno dopo ricevette il bollettino di Malta che annunciava tempesta forza 6/8 nel sud Egeo. Riferì immediatamente al comandante che gli chiese di controllare costantemente l’evoluzione del maltempo. Arrivati al canale d’Otranto il bollettino preannunciò un leggero miglioramento del mare sceso a 4/6 per cui il comandante decise di proseguire per la rotta stabilita doppiando la punta meridionale della Grecia, capo Matapan. I frati del monastero sulla cima del promontorio salutavano le navi di passaggio suonando le campane che rispondevano con un fischio lungo della sirena di bordo. Poche ore dopo aver doppiato capo Matapan il mare rinforzò nuovamente a tempesta forza 6/8 con pioggia e temporali. La vecchia nave cominciò a rollare violentemente e nel vecchio scafo si avvertivano dei cigolii poco rassicuranti almeno per lui che non si era mai trovato in una situazione simile. L’Old Warrior aveva le stive vuote, il che contribuiva a rendere le rollate ancora più ampie. Pensò di essere fortunato a non soffrire il mal di mare anche se quel dondolio ritmico e continuo procurava un certo fastidio. Saliva spesso sul ponte quando non aveva impegni un po’ per curiosità ma anche per fraternizzare con gli ufficiali di guardia. Il primo ufficiale, quello con l’aria da vecchio pescatore che indossava sempre la giubba di panno blu e la calotta di lana, rimaneva tranquillo a guardare il mare in tempesta dondolandosi sulle gambe per assecondare il rollio e dando ogni tanto qualche ordine al timoniere per correggere la rotta. Guardandolo Giorgio si tranquillizzò pensando che lui doveva aver visto ben di peggio in mare. Il secondo invece era un omino magro sulla sessantina con i baffetti sottili e dall’aria nervosa, che camminava continuamente sul ponte, longitudinalmente da dritta a sinistra e viceversa, in salita o in discesa a seconda della rollata. Anche lui non dimostrava nessuna particolare preoccupazione il che tranquillizzò ancora di più Giorgio sulla tenuta della nave che procedeva a mezza forza per limitare l’impatto delle ondate sulle vecchie lamiere. Il comandante poi non considerava proprio le condizioni di quel mare e scherzava col timoniere dalmata parlandogli in croato.
Dopo due giorni di tempesta, la nave raggiunse il nord dell’ Egeo dove le acque erano più calme e puntò a tutta forza sul porto di Salonicco. A Salonicco si dovevano caricare 5.000 tonnellate di semi di girasole alla rinfusa per Porto Corsini di Ravenna. Ecco da dove arrivava la materia prima per fare l’olio di semi di girasole, pensò Giorgio.
L’Old Warrior attraccò al molo nel porto di Salonicco alle 18:00 e subito salirono a bordo le autorità portuali e l’agente di appoggio. Espletate le formalità di rito e data l’ora, il primo ufficiale organizzò i turni di servizio in porto lasciando in franchigia tutti gli altri. Il marconista, quando la nave era ormeggiata, non solo non aveva impegni ma aveva il divieto di accendere gli apparati radio trasmittenti e Giorgio stava pensando a come passare la sua serata.
Era la sua prima uscita come ufficiale di una nave e anche se era già stato in passato all’ estero, arrivarci per mare era una cosa nuova ed eccitante. Cominciò a pensare con chi andare a terra per condividere con qualcuno l’esplorazione della città e magari con uno già esperto del luogo. Da una rapida valutazione scartò subito il comandante e gli ufficiali di coperta, troppo anziani e poca confidenza per il momento. I più vicini a lui come età erano il cuoco, un triestino sulla trentina avanzata ed il secondo ufficiale di macchina, un tipo magro ed alto con grandi basette che incorniciavano il viso magro quasi smunto. Non c’era molta scelta per cui decise di chiedere prima al cuoco, il più allegro e simpatico dei due, che programmi avesse per la serata. ” Ovviamente a caccia di ragazze no? ” rispose ridendo il cuoco, ” Organizziamo una squadra di rastrellamento, ma aspetti che sento il secondo di macchina che sicuramente non resterà a bordo stasera, tutti i vecchi sì invece ” e rise più sonoramente.
La squadra fu pronta alla partenza verso le 20 e scesi dalla nave percorsero tutto il molo fino al cancello di uscita. Il cuoco prese subito in mano la situazione, fermò un taxi e vi salirono tutti e tre. Nessuno di loro parlava greco ma per fortuna il tassista parlava un po’ di tedesco e un po’ di inglese per cui il cuoco riuscì a farsi capire che volevano cenare in un buon ristorante. Arrivarono in un ristorantino tipico dove si ingozzarono di specialità locali dai nomi incomprensibili accompagnati da un ottimo vino rosso al quale tutti dedicarono un’attenzione particolare. Verso mezzanotte presero un altro taxi ed il cuoco, che era diventato il comandante della spedizione, chiese all’autista di portarli in qualche locale dove ci fossero ragazze e musica. L’autista annui ben sapendo che dei marinai a quell’ora non potevano chiedere altro. Si diresse fuori città verso una zona montagnosa che chiamò Monastir. Giorgio, seduto sul sedile posteriore della vecchia Fiat 1100E nera, vide dal finestrino delle chiazze di neve sui bordi della strada e chiese al cuoco se erano diretti a qualche stazione sciistica. La domanda scatenò un ilarità non giustificata se non dal vino rosso di prima.
Arrivarono ad un casolare isolato che si erigeva su un piccolo pianoro nel fianco della collina e, scesi dall’auto senza preoccuparsi di come ritornare a bordo, il cuoco pagò l’autista che se ne andò. Entrarono in una specie di osteria molto spaziosa ed affollata, tutti uomini e di tutte le età. In un angolo c’era la musica, un trio di anziani che strimpellavano su degli strani strumenti a corda che assomigliavano a delle chitarre ma appoggiati orizzontalmente sulle loro ginocchia e la musica era quella tradizionale greca. Il bancone a lato dell’ orchestra era affollatissimo di avventori serviti da un uomo sulla quarantina passata con baffi e basettoni e da una ragazza che sembrava sua figlia.
Si sedettero all’unico tavolo rimasto libero e poco dopo si avvicinò la ragazza, una brunetta molto carina e molto formosa. Sei occhi si calamitarono sul seno enorme della brunetta e, alla sua domanda in inglese di cosa volessero bere, risposero in coro ” Vino rosso ” senza distogliere lo sguardo. Cessato l’effetto ipnotico del seno della brunetta, il cuoco disse perplesso: ” Il tassista ci ha fregati, la musica c’è ma di ragazze, a parte la tettona, niente proprio ” Gli altri due annuirono sconsolati e si diedero da fare col vino che era anche migliore di quello del ristorante.
Ad un certo punto la musica cambiò ed aumentò di volume. Una decina di uomini si alzarono dai tavoli con dei fazzoletti in mano e, nel centro della sala, si misero in cerchio tenendosi per i fazzoletti. La danza iniziò prima lentamente e poi aumentando prese forza fino a raggiungere un ritmo molto coinvolgente. I ballerini, molto concentrati, si muovevano con un sincronismo incredibile per essere dei non professionisti e anche un po’ alticci. Era evidente che avevano nel sangue quella che per loro era più che una musica. Si indovinava dalle loro movenze, assolutamente virili, il significato di tradizione, storia, orgoglio della loro antica civiltà, della vita stessa.