GIORNO ZERO
– Benvenuto.
Quattro sillabe. Pronunciate come si farebbe nella sala di un
teatro, con impegno. Raggiungono i timpani e trasformano i suoni
in un’intimazione. L’uomo espira di getto e abbassa le spalle. Si
poggia sulla sedia e sincrona, un’altra sagoma, si siede davanti a
lui. Posa i gomiti sul tavolo e distende i palmi delle mani. Questo
confronto ha il sapore dell’ultima sigaretta concessa al condannato
a morte. Vorrebbe fermare il tempo, ma il plotone di esecuzione
è già dietro di lui, schierato. Sente il rumore dei fucili e la rabbia
ingolfa il suo respiro. Tra qualche minuto il suo cuore cesserà
di battere e si domanda che fine faranno i suoi pensieri, le sue
emozioni, tutti i drammi ancora irrisolti. I sogni perduti. Aspira
e il fumo gli entra dentro e un altro secondo è andato.
– Io sono sempre stato qui – ha replicato.
– Tu sei appena nato.
– Ho quarantacinque anni, lo sapevi?
– Autoironia. Dev’essere l’ultima risorsa arrivati a questo punto,
è interessante.
– Chi sei?
– Conosci già le regole. Io faccio le domande, tu dai le risposte.
– Non ci sto.
– Non è corretto. Mi sei davanti: tu sei già qui. Fatti forza: voglio
il meglio di te.
– Ce l’hai.
– Tu sai quello che ti sta per succedere, vero?
– Già.
– Dillo.
Due mani stanno sudando, dall’altro lato c’è solo una roccia
– Questo potrebbe essere l’ultimo giorno della mia vita.
– È inesatto. Questo potrebbe essere il primo.
– Punti di vista.
– Già, bene: ne stai uscendo.
– Cosa vuoi da me?
– Tutto!
– Tutto cosa?
– Ti manca poco, pochissimo...
– Dagli un nome. Dai un nome a questo fottutissimo centimetro!
– Sincerità.
– Sono poco sincero?
– Devi essere spietato.
I soldati sono fermi, silenziosi. Il bersaglio è la sua testa. Cadrà
all’indietro e quando il suo corpo toccherà terra sarà già morto.
– È facile per te: tu non hai nulla da perdere.
– Ti sbagli. Io esisto solo se esisti anche tu. Ti sono speculare.
– Cosa devo fare?
– Tu pensi ancora di poter fare qualcosa? Hai pianificato tutto.
Sei nell’inevitabile, oramai.
– Dimmi qualcosa che non so.
– Sarebbe difficile, perché sai già tutto.
– Io adesso vado.
– Non uscirai da qui, non dalla porta.
– Io non ci scommetterei.
– Non c’è nulla che ti trattiene. So che non ti muoverai da qui
prima di aver fatto una promessa.
– Ti concedo ancora un minuto.
– Se tutto fosse niente, allora mollare sarebbe più semplice,
è corretto?
– Vuoi farmi una lezione di matematica?
– Se necessario. Lasceresti tutto in un istante, è esatto?
– Detto cosìè esatto, certo.
– Hai un altro modo per descrivere quella che ti ostini a chiamare
“la mia vita”?
– Questo campo èil mio campo. Stiamo parlando della mia
vita: lascia che ci provi.
– È legittimo, ma sappi che non mi convincerai.
L’uomo si distende. Il tronco comincia a oscillare. I soldati
hanno abbassato il fucile. Tregua.
– Una moglie, una figlia, una professione, amici... Ho un passato,
bello o brutto che sia, porto addosso i suoi segni.
– Stai mentendo. I segni di cui mi parli sono le stimmate della
tua passione. Hai barattato la tua esistenza libera in nome della
ricerca di ciò che non hai. Hai spostato in avanti le tue aspettative
– sistematicamente – e le hai chiamate “desideri” per poterle
afferrare, usare, superare. I tuoi comportamenti sono diventati
la tua religione. Stimmate, ferite autoindotte. Adesso sei andato
oltre, hai trasceso tutto questo. Devi affermare la parte autentica,
devi darle una possibilità.
– Non è facile come credi, sai?
– Ci sei arrivato da un pezzo, con le tue ampolle, le formule,
le teorie: i tuoi giocattolini. Ti sei spinto troppo in là e non puoi
più tirarti indietro.
– E se mi sbagliassi?
– Un uomo che piange non si sbaglia mai.
Allora lui porta le mani al viso e strofina le dita sugli occhi.
– Sei stato tu a chiamarmi – dice l’altro.
– Questo lo so.
– Non è facile, mi rendo conto, ma tu stai mentendo a te stesso
e lo sai.
– I ricordi, le emozioni, le immagini... Sono così pesanti, sono
– Sono illusioni. Ti stai raccontando solo bugie. È doloroso,
posso immaginarlo.
– Dammi una prova, dammi solo una prova.
– Qualunque prova io ti offrissi ricadrebbe nell’ambito dell’illusione
e sarebbe affetta dalla stessa malattia, inattendibile. Tutto
quello che può essere detto e fatto è parte dell’insieme e questo
insieme si chiama “allucinazione”. Questo stesso confronto è autoreferenziale,
sei stato proprio tu a insegnarmelo. Per osservare
il sistema, per giudicarlo, è necessario elevarsi, essergli sopra appena
un po’. Per giudicare devi uscirne fuori: ci arrivi, vero?
– Non esiste una prova.
– Dammi tu una prova del contrario. Dammi la prova che questa
vita è reale.
– Non esiste neanche quella, vero?
Si crea un silenzio, si crea da solo, in risposta a quella supplica.
– Sei tu che lo stai dicendo. Sei tu lo scienziato: io ti ascolto.
– Non c’è altro.
– Non è corretto. C’è il futuro. Questo momento crea il tempo.
È il punto–zero: da questo presente si costruisce il passato e si
procede in avanti, verso il futuro. A te arriva il passato, si srotola
secondo le tue convinzioni, si racconta per come tu lo stai desiderando
in questo momento. Da te dipende il futuro, allo stesso
modo, solo che qui si tratta di vita vera, non di illusioni.
– Voglio questo futuro! – l’uomo alza il tono e la voce si propaga
attraverso la stanza.
– Non posso darti certezze: fuori di te non esiste nulla. Devi
scavare, devi cercare dentro di te. Hai ancora voglia di salvarti?
Hai ancora un cuore?
– Voglio questa stessa vita, la voglio.
– E allora tu l’avrai!
L’uomo abbassa la testa fino al parquet. Indugia sulle increspature,
sta prendendo tempo, anche se il tempo è scaduto.
PLOTONE: AT–TENTI.
PLOTONE: CARICÀT–ARM.
– E adesso?
– Hai il tuo piano, la tua via di fuga.
– Il piano, scomparire...
– Ne abbiamo già parlato, mi sembra un ottimo piano. Devi
ricordare. Tutto dipende da questo: devi ricordare.
– Memoria, coscienza... – chiude gli occhi, gesticola: ha perso
il filo.
– Memoria, consapevolezza, coraggio e soprattutto volontà.
Adesso ci sei. Costruisci il tuo percorso e spicca il volo.
– Vado,vado,vado!
Se escludi l’impossibile, ciò che rimane – per quanto improbabile
– dev’essere la verità: troppo banale questa evidenza. Ma
se escludi il possibile, ciò che resta – per quanto improbabile –
dev’essere impossibile. È questa la vera scommessa.
– Adesso sì, va’ pure. Sei solo.
– Devo… Io devo farlo, devo!
– Touché. Io sarò la tua prima vittima. Dovrai essere solo,
questa volta.
Mi battezzo. Solo, come dev’essersi sentito il primo uomo sulla
terra. Solo, convinto che quella condizione fosse naturale.
Solo, proprio come io sono, più solo degli ultimi.
Il penultimo pensiero racconta di una bimba, Roxanne, i capelli
biondi raccolti in una coda, gli occhi celesti come i suoi, le
labbra rosa e una corsa per i prati. È sua figlia o quello che è, il
racconto confortante di una bambina che crescerà bella e sana e
andrà in giro per il mondo, libera come lui non è stato. L’ultimo
pensiero razionale è per la rincorsa. Mentre si solleva afferra la
base della specchiera e la scaraventa all’indietro, con forza. Nel
fragore anche l’altro uomo scompare. Per sempre. Il futuro si compie.
Nello sguardo c’è tutta la rabbia del mondo – il suo vecchio
mondo. Le preoccupazioni, gli insuccessi, le speranze uccise, le
ferite ancora aperte, il senso di inadeguatezza. Memoria, consapevolezza,
coraggio e volontà. Si volta e punta la finestra.
Adesso è il tempo di dimostrare che è tutto vero.
A se stesso.
Tutto, tutto vero.
Solo, sono sempre stato solo!
PLOTONE: PRONTI AL FUOCO.
Zero–virgola–cinque.
Tornerò a modo mio.
Si spoglia, ansima, è febbricitante. Adesso è in piedi, rettilineo,
indossa solo i boxer e sta puntando la finestra.
È breve la rincorsa, ma la forza d’inerzia sfonda vetrata e battente
e il corpo comincia la sua corsa verso il basso.
Costruisci il tuo percorso e spicca il volo.
Devi ricordare, ricordare.
Zero–virgola–sei.
Quando il manto stradale appare ai suoi occhi, il cuore comincia
a pompare più velocemente, sembra quasi che voglia andarsi
a infilare nella gola. La vista si acuisce e mette a fuoco. Il corpo
si protende e disegna un segmento: con la testa in giù le braccia
distese e le mani giunte. L’atterraggio è più importante del percorso:
qui l’obiettivo non è il viaggio, ma la destinazione.
Zero–virgola–sette.
Zero–virgola–otto.
Quelle macchioline colorate sono automobili, quella distanza
enorme sparirà in pochi secondi.
Non c’è possibilità di tornare indietro.
Non più.
Sei nell’inevitabile.
Nell’irreversibile.
Zero–virgola–nove.
Il piano deve funzionare.
Il primo giorno di vita.
O forse l’ultimo.
UNO – PLOTONE: FUOCO!
Ci siamo.