Shoot Me! Le Verità dell'omicidio Lennon

Autore : Joe Santangelo
Anno di produzione : 2020
Casa Editrice : Officina di Hank
Genere letterario : Narrativa-romanzi - Storico
Formato : Ebook, Cartaceo
Quarta di copertina
Altre Notizie : ARTICOLO LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO


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86

22:46 – Lunedì 8 dicembre 1980.

- Lasciaci pure qui di fronte, Jacko.

- Non volete che attraversi e vi faccia scendere nel cortile?

- Non è necessario. Fa caldo, va bene così.

- Come desidera, Mr. Lennon. Un secondo e accosto. Eccoci.

 

87

22:47

Yoko Ono è seduta dietro all’autista della Limousine. Esce per prima dalla

vettura e si stringe nel bavero della giacca di pelle nera. Ha i capelli raccolti in

uno chignon, come sempre a fine serata. Il fumo si deposita sui capelli e li

rende grassi e ingestibili. I bicchieri di vodka si traducono in reazioni chimiche

che rendono maleodoranti pelle, corpo e peli. Sbatte decisa lo sportello, John

Lennon è ancora dentro, sta esaurendo il suo ultimo sorriso.

Yoko non lo aspetta. Yoko va.

Attraversa la strada. Ha gli occhi sulle luci fioche dell’entrata del Dakota

Building. José Perdomo, alla sua sinistra, sta trafficando nella guardiania, con

il capo chino su qualche oggetto. Sulla destra mette a fuoco la sagoma di un

uomo che adesso si muove al rallentatore. Sembra che stia indietreggiando.

John Lennon è ancora in auto. Da qualche tempo gli piace sempre dire

l’ultima parola. A momenti le sarà accanto, la raggiungerà con passo

accelerato. Lei lo aspetterà sul ballatoio, di fronte all’ascensore. Poi

saliranno assieme e troveranno rifugio tra le pareti del loro appartamento.

Yoko Ono attraversa l’androne e riceve un ambiguo sorriso dall’uomo che

indietreggia. I loro sguardi si incontrano per un momento, ma la donna non

modifica l’espressione e prosegue il cammino verso la scalinata, alla destra del

corridoio d’ingresso.

 

88

22:48

Dall’altra parte della strada arrivano voci.

Un saluto, chiaro.

See You Tomorrow”.

Poi le grida di un edicolante in cerca di clienti.

Poi più nulla, silenzio e rumore di tacchi.

Gli stivali, alternandosi sull’asfalto, producono un suono deciso,

C’è un uomo sul marciapiede, ma non è uno dei doorman. Non ne ha la

fisionomia, il portamento, né gli abiti giusti.

Uno qualunque.

È solo uno qualunque.

 

89

22:49

Uno, due, tre, quattro.

Quando sei uno con la tua musica, allora anche i gesti quotidiani

riflettono quest’armonia.

Cinque, sei, sette. Si tocca i capelli con la destra. Nella sinistra porta con

sé nastri, appunti e registratore. Otto, nove e dieci. John Lennon è sulla

banchina, sta camminando su una lastra di ghiaccio. L’uomo qualunque gli

è alla destra, fermo.

John Lennon lo guarda, si tratta di un secondo, e quello che vede gli fa

ricordare qualcosa, ma l’istinto gli suggerisce di non fermarsi. E infatti si

dirige spedito verso l’arco.

Gli manca poco.

 

90

22:50

- Mr. Lennon…?

I thought I could hear (hear, hear, hear)

Somebody call out my name as it started to rain…

Two spirits dancing so strange

John Lennon rallenta il passo, ma il suo corpo continua a muoversi in

avanti, per inerzia.

Non ha il tempo di voltarsi.

Né quello di capire.

Non può più scegliere, è tardi.

Cinque proiettili fremono nel tamburo, sono pronti a partire.

Il primo proiettile si conficca nella spalla destra. L’impatto è così forte

da provocare una rotazione di centottanta gradi. In questo momento John

Lennon è a favore del fuoco nemico. Avverte un bruciore intenso sulla spalla

e non capisce quello che gli sta succedendo, ma è ancora lucido, perché gli

effetti prodotti dall’impatto del proiettile richiedono qualche secondo per

raggiungere il cervello attraverso le periferie nervose di superficie. Il

cervello produce immediatamente le endorfine che vanno a collocarsi sul

punto interessato e riducono il dolore, per quanto possibile.

Poi interviene il secondo, il terzo proiettile, il quarto.

Un quinto va a ficcarsi dentro il muro di una parete dell’edificio.

John Lennon ha visto in faccia il suo aggressore. Non ha la fisionomia

dell’Angelo della Morte38, non c’è nulla di demoniaco in quell’uomo

qualunque che gli sta portando via l’esistenza.

Mi sforzo continuamente di mettere tutto a posto,

Ma l’angelo della distruzione è qui davanti, mi insegue.

Mi vuole braccare.

Non aspettiamoci troppo dalla fine del mondo.

Un uomo qualunque si è trasformato nell’Angelo della Morte.

L’arteria principale è stata danneggiata e il sangue fuoriesce

copiosamente dalle ferite.

Quattro su cinque, non c’è male, un ottimo score.

John Lennon non cade, ma barcolla.

 

91

22:51

- AH! – John… JOHN!

Mentre Yoko Ono si affanna a scendere gli scalini e ripercorrere a

ritroso il tragitto John Lennon si sforza di conservare la vita.

Il cuore batte ancora e spinge sangue agli organi vitali e ossigeno ai

muscoli. Così John Lennon riesce a muovere ancora qualche passo in avanti,

come per mettersi al sicuro.

Quattro, per la precisione.

Ha ancora forza per formulare la sua ultima frase.

Potrebbe essere il titolo di una canzone, ma è solo un grido di aiuto.

L’uomo sa ciò che gli è accaduto.

I’m shot, I’m shot…

Poi si accascia a terra, con il petto sanguinante verso il cielo.

 

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22:52

Yoko Ono si abbassa sul corpo di John, accarezza il volto del marito, sta

- Fate qualcosa, vi prego… Hanno sparato a mio marito!

José Perdomo ha difficoltà a realizzare. Non sta succedendo, non a lui,

deve trattarsi di un incubo. Poi scorge una sagoma. Con la mano destra

quell’uomo impugna ancora la pistola.

Quell’uomo è Mark David Chapman.

No, non si tratta di un incubo.

È successo per davvero.

Perdomo muove verso Chapman.

 

93

22:53

- We need help!

Jay Hastings si precipita nel chiosco della guardiania e preme il

pulsante. Entro un paio di minuti l’auto della Polizia raggiungerà l’edificio.

Perdomo è di fronte a Chapman.

Non ha paura, nonostante sia a tu per tu con un assassino. Chapman ha

ancora la pistola in mano, ma Perdomo non ha paura.

Lo guarda negli occhi e gli mette una mano sulla spalla, come farebbe

un padre. Ha le lacrime agli occhi.

Lo guarda e gli parla.

- Ti rendi conto di quello che hai fatto?

 

94

22:54

John Lennon ha la giacca di Hastings addosso, qualcuno deve avergli

sfilato gli occhiali. Il sangue continua a fuoriuscire. Nessuno ha il coraggio

di tamponare.

Sembra che toccare John Lennon, anche in una situazione estrema come

questa, sia proibito.

Toccare la leggenda è sacrilego.

 

95

22:55

Per un minuto non accade niente.

Liquidi organici che lasciano i corpi.

Il sudore di Chapman e Perdomo.

Le lacrime di Yoko Ono.

Il sangue di John Lennon.

Nient’altro.

 

96

22:56

Ancora niente.

Gente che comincia ad accalcarsi davanti all’entrata del Dakota.

Nient’altro.

 

97

22:57

Stephen Spiro sta perquisendo Chapman e Cullen chiama il distretto.

- Codice rosso. Qui non c’è più tempo! Mandate rinforzi!

Segue un breve confronto tra Spiro e Chapman.

Chapman di faccia al muro, con le gambe divaricate.

Chapman ha paura.

Chapman ha agito da solo.

 

98

22:58

Chapman è in auto.

Chiede che venga recuperato il suo libro e viene accontentato.

 

99

22:59

James Moran e Bill Gamble hanno appena caricato il corpo di John

Lennon nell’auto. Non è stato facile tenere a bada Yoko Ono, né raggiungere

l’auto facendosi spazio tra i curiosi più arditi.

Ma adesso sono in auto, sono pronti.

Ferito a bordo, destinazione Pronto Intervento.

L’ospedale più vicino è il Saint Luke’s Roosvelt Hospital.

- Chiamo il Distretto: devono avvertire i medici. Qui la situazione è drammatica.

 

100

23:00

Moran e Gamble sono in auto, tra le strade buie della città, hanno la

sirena accesa. Non l’hanno mai spenta da quando è stata ricevuta la prima

Uomo ferito – Arma da fuoco – Dakota-Building”.

Da allora sono in emergenza, tracciati, nei movimenti e nelle

È così che funziona.

Vanno sparati.

Vanno a salvare una vita.

 

101

23:01

Nell’auto John Lennon è in preda a uno spasimo.

A stento, a stento respira.

Quella posizione non gli facilita la respirazione.

A stento, a stento ragiona.

- Ti ricordi il tuo nome? Tu sai chi sei, vero?

Una domanda di routine. Moran conta sulle capacità estreme di

autoconservazione che ogni uomo porta con sé, fino alla fine. Fanno parte di

un bagaglio atavico che non cambia. È lo stesso da millenni, e lo sarà finché

la razza umana resterà in vita.

Allora le stimola, con una semplice domanda.

Tu sai chi sei, vero?

Poi osserva lo specchietto.

È in attesa di una risposta che non arriva.

C’è mia madre che mi sorride radiosa e mi invita a stringerla e a ballare

con lei, poi mi sussurra all’orecchio se voglio sapere un segreto e mi dice che

è innamorata di me, e c’è Julian, che mi osserva dall’alto verso il basso, è

grandissimo, un gigante, mi porge la mano e vuole che io stia ad ascoltarlo

mentre suona, e c’è Tim che mi guarda in mezzo alla neve e con gli occhi mi

supplica di portarlo a casa, e Stu40, con i suoi grandi occhi neri e il viso di

porcellana, che mi fa segno di andare, “vieni, John, non aver paura” mi fa, e

c’è Paul che mi mostra quanto è abile con la chitarra e vuole ritornare a fare

musica con me, il suo amico fraterno, il Maharaishi41, sono di nuovo in India

alla ricerca del mio centro, e nasce una nuova canzone, sono immerso nel

fango primordiale dal quale tutti noi veniamo, alle origini della canzone più

vera che io abbia mai scritto, riesco persino a toccare il mio stesso cuore e lo

sento bruciare, proprio qui, dove ho il dito, sto ritornando all’utero prima

dell’urlo primale, in un bagno sonoro rassicurante dove tutto è suono, e c’è

zia Mimì con il suo filo di perle che mi corregge la dizione e mi ricorda che

devo mettere gli occhiali prima di uscire per vedere le cose come sono e non

come la miopia le deforma, e c’è zio George con Pepys sulle ginocchia che mi

dà i suoi baci preferiti, gli squeakers … “va avanti, John, è la tua strada” mi

dice, e ci sono le mie sorelle che mi danzano intorno con i loro tutù color

pastello mentre imparo a suonare il banjo, ma è tutto così rapido, sono

fotografie nel mio album dei ricordi, e c’è un tunnel buio davanti a me e sento

che devo percorrerlo fino in fondo, ma non ho la forza per fare il primo passo,

mi sento inadeguato, e c’è il cancello rosso di Strawberry Field, quante

limonate per un penny ho venduto con _igel e Pete, sento la banda

dell’Esercito della Salvezza che sta suonando, “nulla è reale e non c’è nulla di

cui preoccuparsi”, e ci sono i Quarrymen, il pubblico che ci acclama,

centinaia di migliaia di occhi su di me e sulla mia camicia a quadri mentre

suono sull’autocarro parcheggiato vicino alla chiesa, e c’è un baratro sotto i

miei piedi, e avverto una vertigine che mi arriva fino alla gola, avrei bisogno

di bere qualcosa di forte, e so che dovrò saltarci dentro, ma non ho ali per

volare e così resto paralizzato, e c’è Brian42, ha vinto le sue paure, sono in

Spagna con lui e lo abbraccio mentre ci scattano una foto, e siamo alla prima

audizione, di fronte ai signori della Parlophone, tutti poco più che ventenni,

seri, terrorizzati, e vedo Buckingham Palace, la Regina che mi consegna una

medaglia e tutti noi che le sorridiamo43 tirati a lucido come pinguini, e siamo

a Saville Row, all’ultimo piano della Apple, stiamo cantando e sotto ci sono

migliaia di persone che fanno il tifo per noi44, e c’è Yoko vestita di bianco con

la pelle d’avorio che mi tende un fogliettino e mi sussurra “Breathe”, e c’è un

meraviglioso viaggio per mare, il mio sogno che diventa realtà45, e c’è anche

mio padre Fred, mi fa segno che tutto andrà bene, che ora potrà finalmente

essermi vicino, e c’è George, che mi abbraccia e mi tiene forte, con le lacrime

agli occhi e mi dice “forza John, sono con te, lo sono sempre stato”, e c’è

‘Imagine’ che risuona nella testa come un’eco lontana mentre la luce mi

inonda nella stanza bianca46 e milioni di dollari piovono dal cielo, e c’è

Keith47, è uscito fuori dal tunnel e mi sta sorridendo, “non è poi così male,

John!” mi dice porgendomi un bicchiere, e vedo ancora quella strada buia,

conduce a una galleria, ma non vedo l’uscita, e c’è il sesso48 nei backstage,

tra una canzone e l’altra, il sesso nell’auto, nell’aereo e nei camion, l’umido,

gli odori, le grida e il sangue, e c’è il vuoto, sento il peso smisurato del nulla

che mi blocca il respiro e vedo Alice prendere la rincorsa e caderci dentro, e

c’è il rimpianto, nasce dalla memoria e finisce nel presente, ha più colori

dell’arcobaleno e pesca nella voragine che mi porto dentro, le mie valigie

pesanti, e c’è l’intervista, interminabile, inutile, ripetitiva, e c’è Cynthia49, non

sembra arrabbiata e mi guarda fiduciosa mentre le dico che questa volta non

la deluderò, e c’è il Russian Blue che si è ammalato e lo stringo tra le braccia

mentre il veterinario gli fa un’iniezione letale, e c’è il caos, lo sento là fuori,

nelle strade e nei prati, c’è caos nei cieli che traboccano di proiettili, e c’è

Elvis che mi sorride finalmente felice, c’è l’amore, riesco a vederlo negli occhi

di Sean, riesco a vederlo negli sforzi degli uomini comuni e arriva fino al

cielo, e c’è anche Dio, con le mani conserte che risponde ai miei perché, e c’è

il rumore, assordante, e c’è l’inferno, ma è buio e non c’è neanche il fuoco, e

c’è il demonio, ha la faccia di un uomo qualunque, ma è capace di fare del

male, e ci sono anche io e sono stanco di fingere, stanco di aver paura, e

vorrei solo riposarmi, solo chiudere gli occhi e dormire, spostarmi in un

mondo migliore, passare ad altro… Adesso che mi sono perdonato, adesso

che so chi sono…

- Tu sai chi sei, vero?

- Sì. Adesso sì… sono John Lennon.

L’auto continua il percorso a forte velocità.

 

102

23:02

Moran e Gamble hanno raggiunto l’ospedale.

Ci hanno messo tre minuti.

Centottanta secondi, qualcosa in meno.

Sono stati bravi, bravissimi.

Non era possibile aspettare i soccorsi sul luogo, non ce ne sarebbe stato

il tempo.

Non era possibile fare di meglio.

Bravi, efficienti.

Consegnano un cadavere al personale medico.

John Lennon è già morto.